Rafaella Guarracino, Assessora alle Politiche Sociali della IV Municipalità a Napoli
Essere madre è un caleidoscopio di condizioni: affetto, amore, dedizione, protezione,
sostegno, paura, ansia, impegno, ma è anche
saper dare alla vita nuove prospettive, scoprendo, insospettabilmente, di avere una forza e una determinazione che non si conoscevano. Penso che potrebbe considerarsi una
forma di rinascita.
L’importante processo di destrutturazione operato dal femminismo ha sortito due effetti contrari: ha sciolto, in primis, l’identificazione tra sessualità e procreazione, aprendo la strada per l’autodeterminazione delle donne, ma poi ha contribuito a rendere la maternità una sorta di tabù. Si può desiderare di essere madri o non desiderarlo, ma c’è dell’altro su cui siamo chiamate a riflettere. Alle donne si continua a chiedere di fare figli, sostenendo che la procreazione rientra nel loro destino biologico, senza però offrire alcun sostegno, prevalentemente psicologico, dagli effetti che spesso comporta la maternità. Come definiamo questo stato delle nostre vite di donne? Da un lato è una caratteristica biologica, che rinvia a una condizione di subalternità nei confronti della natura e in una società che ancora non è in grado di creare condizioni paritarie ciò è un limite; dall’altro, la maternità costituisce un tratto permanente e distintivo dell’individualità. È qualcosa che quando accade porta un cambiamento sostanziale, che si consolida man mano che si vive la genitorialità stabilendo un contatto sempre più intimo ed empatico con i figli.
L’importante processo di destrutturazione operato dal femminismo ha sortito due effetti contrari: ha sciolto, in primis, l’identificazione tra sessualità e procreazione, aprendo la strada per l’autodeterminazione delle donne, ma poi ha contribuito a rendere la maternità una sorta di tabù. Si può desiderare di essere madri o non desiderarlo, ma c’è dell’altro su cui siamo chiamate a riflettere. Alle donne si continua a chiedere di fare figli, sostenendo che la procreazione rientra nel loro destino biologico, senza però offrire alcun sostegno, prevalentemente psicologico, dagli effetti che spesso comporta la maternità. Come definiamo questo stato delle nostre vite di donne? Da un lato è una caratteristica biologica, che rinvia a una condizione di subalternità nei confronti della natura e in una società che ancora non è in grado di creare condizioni paritarie ciò è un limite; dall’altro, la maternità costituisce un tratto permanente e distintivo dell’individualità. È qualcosa che quando accade porta un cambiamento sostanziale, che si consolida man mano che si vive la genitorialità stabilendo un contatto sempre più intimo ed empatico con i figli.
Diventare madre, in sostanza, vuol dire reinventare il “proprio sé” soprattutto nella sfera dove si è più vulnerabili, imparando a costruire una nuova consapevolezza. È anche
un’opportunità perché investe il ruolo sociale della donna. Dopo che si sono decostruiti
i ruoli, smontati gli archetipi, smantellato le
gerarchie bisognerebbe raccontare la bellezza
della maternità anziché polarizzare il dibattito tra madri sì e madri no Anche quando la
maternità assume contorni eccezionali, come
nel mio caso, diventata per la prima e ultima
volta mamma trigemina, senza “istruzioni per
l’uso”.
Sono passata, per questo, da donna impegnata professionalmente e politicamente a quasi “invalida” per una società che ancora guarda alla maternità come se fosse una zavorra, una condizione assai limitante in un tempo di competizione sfrenata. Mi reputo fortunata perché, non senza sacrifci, i miei fgli sono stati sempre la mia forza e mai un freno. Tuttavia, non tutte le donne mostrano la stessa resilienza. E anche se certi retaggi culturali del passato stanno fnalmente collassando, i decisori non possono più esimersi dal creare condizioni paritarie afnché nessuna donna debba subire la maternità come una “diminutio” o, peggio, una condizione sacrifcale. Solo così le donne saranno libere di essere madri, certo, ma anche di esserlo senza morire come individui.
Solo così le donne potranno smettere di domandarsi se saranno in grado di essere brave mamme senza per questo trasformarsi necessariamente in quelle eroine descritte per troppo tempo dal pensiero unico maschilista. Mi piace sottolineare che ogni madre è diversa e nessuna è perfetta. Non si nasce madri, lo si diventa e lo si resta per sempre anche per quella capacità di donare amore senza limiti. Una madre non “uccide” la donna che è in sé, la trasforma in una persona migliore.
Sono passata, per questo, da donna impegnata professionalmente e politicamente a quasi “invalida” per una società che ancora guarda alla maternità come se fosse una zavorra, una condizione assai limitante in un tempo di competizione sfrenata. Mi reputo fortunata perché, non senza sacrifci, i miei fgli sono stati sempre la mia forza e mai un freno. Tuttavia, non tutte le donne mostrano la stessa resilienza. E anche se certi retaggi culturali del passato stanno fnalmente collassando, i decisori non possono più esimersi dal creare condizioni paritarie afnché nessuna donna debba subire la maternità come una “diminutio” o, peggio, una condizione sacrifcale. Solo così le donne saranno libere di essere madri, certo, ma anche di esserlo senza morire come individui.
Solo così le donne potranno smettere di domandarsi se saranno in grado di essere brave mamme senza per questo trasformarsi necessariamente in quelle eroine descritte per troppo tempo dal pensiero unico maschilista. Mi piace sottolineare che ogni madre è diversa e nessuna è perfetta. Non si nasce madri, lo si diventa e lo si resta per sempre anche per quella capacità di donare amore senza limiti. Una madre non “uccide” la donna che è in sé, la trasforma in una persona migliore.
