Napoli è una città che sembra vivere in una sospensione temporale unica: moderna ma radicata in tradizioni antiche. Quali pensa siano i tratti distintivi del rapporto dei napoletani con il tempo?
Napoli è, tradizionalmente, la città dei contrasti. È un laboratorio in continuo fermento e, in esso, convivono tradizioni antichissime e modernità. L’evidenza di questa “sospensione temporale” è nel patrimonio materiale e immateriale della città. I due aspetti coesistono in un equilibrio complicato, ma ben riuscito. Penso che questo sia uno dei tratti distintivi del rapporto dei napoletani con il tempo. La capacità di preservare le tradizioni e di tenere lo sguardo al futuro: in questo senso le tradizioni trovano nuove vesti, si arricchiscono e si aprono a nuove contaminazioni. La stessa antichissima tradizione del presepe napoletano ha, nel corso del tempo, accolto il presente combinando il preziosissimo insieme di conoscenze e manualità tramandate e le esigenze della modernità. Lo vediamo nelle rappresentazioni dei personaggi, nei temi affrontati e nella capacità di creare partecipazione e aggregazione. Questo è solo un esempio di come, nel rapporto con il tempo, i napoletani riescano a trovare un modo per innovare e, allo stesso tempo, non trascurare il “passato”.
Il concetto di “tempo della città” richiama l’idea di un ritmo urbano che bilancia le esigenze dei cittadini con l’efficienza delle infrastrutture. Qual è, secondo lei, il ritmo che meglio definisce Napoli? Il tema delle infrastrutture è centrale in questo discorso. Napoli è una città viva e policentrica e le esigenze dei cittadini riguardano anche lo spazio. I collegamenti tra le diverse arterie cittadine scandiscono il tempo di vita e, di conseguenza, il ritmo urbano. C’è sempre stato un discorso pubblico sull’inefficienza delle infrastrutture di trasporto in città, un discorso fortemente legato all’attesa e al tempo che, in qualche modo, scivola via nell’attesa. Io credo che questo discorso stia cambiando. Come Amministrazione abbiamo fatto un grande sforzo nella gestione delle infrastrutture di trasporto, dalla linea 1, con le recenti nuove aperture, all’entrata in servizio della linea 6. Lo stesso può dirsi del trasporto su gomma e dell’impegno nell’acquisto di autobus elettrici. Questo ha migliorato di gran lunga i tempi d’attesa e l’obiettivo, in prospettiva, è andare avanti e rendere i collegamenti cittadini più efficienti, moderni e in linea con le esigenze della quotidianità. Il diritto alla mobilità è un’esigenza primaria. È la sfida delle città del futuro prossimo.
Come il Comune di Napoli sta affrontando il tema della conciliazione tra i tempi di lavoro e i tempi di vita dei cittadini?
È molto complesso intervenire su un tema di questo tipo. Anche qui, ad esempio, nel discorso pubblico si è affermato, soprattutto nell’ultimo periodo, il tema del bilanciamento tra tempo lavorativo e tempo di vita, inteso come tempo dedicato alla famiglia, alle passioni, alla socialità. Sicuramente nel mondo del lavoro c’è una stortura rispetto ad un’esigenza sempre più urgente: riformare il mercato del lavoro, immaginare soluzioni innovative e più in linea con le richieste dei lavoratori. Credo che oggi ci sia maggiore consapevolezza sull’importanza del tempo libero. Occorre un intervento nazionale su questo fronte. C’è però da tenere in considerazione un altro aspetto che a Napoli ha un’incidenza particolare: il lavoro som- merso, privo di tutele. In questo scenario, è chiaro che il tempo del lavoro appare sempre più dilatato. La Giunta comunale ha approvato una delibera sul tema della tutela della retribuzione minima oraria: l’atto, infatti, impegna l’Amministrazione e gli operatori economici ai quali il Comune di Napoli affiderà lavori, forniture e servizi a prevedere un trattamento economico per i lavoratori non inferiore a 9 euro l’ora.
Napoli è spesso descritta come una città “lenta” e “resiliente” nel suo vivere quotidiano ma “veloce” nelle emergenze. Spesso si dice che a Napoli “il tempo non ha fretta” ma, al contempo, il caos e la vivacità sembrano scandirlo. Come spiega questa dualità? È una forza o una debolezza?
La narrazione della “vita lenta” è molto diffusa, in alcuni casi utilizzata come una sorta di rinuncia alla frenesia della modernità e il ritorno alla semplicità. Se a Napoli ”il tempo non ha fretta” non significa che non si produca. Anzi, la vivacità che ci contraddistingue comporta anche una certa frenesia, ma costruttiva e non competitiva col resto del mondo. Le due parti della città, quella “lenta” e quella veloce, caotica, vivace, coesistono perfettamente, sempre Napoli è. Credo che molto sia anche nelle caratteristiche intrinseche della città, la culla della cultura, dell’arte, della poesia, della letteratura capace poi di interpretare la modernità e spesso anticipare le tendenze. L’identità della città non è monolitica, ma stratificata, complessa, sfaccettata. Non tutti lo sanno, quando poi ‘vivono’ almeno qualche giorno da noi, comprendono.
Napoli, con i suoi vicoli e le sue piazze, invita i cittadini a fermarsi, dialogare, vivere momenti di condivisione. In che modo questi spazi riflettono la filosofia napoletana del tempo?
C’è una cosa molto bella dello spazio urbano napoletano e, credo, anche legata alle temperature decisamente favorevoli. La cultura dello stare all’aperto, del vivere le piazze, le strade, gli spazi pubblici. Questo significa far vivere uno spazio urbano, riempirlo di significati, portare la socialità in un luogo aperto. Nei più giovani quest’aspetto è molto evidente e, devo dire, pone anche una grande sfida agli amministratori pubblici: cioè, come dotare gli spazi urbani del necessario, ma soprattutto come rendere questi spazi accessibili nel rispetto dei vari diritti in campo. Certamente la conformazione del tessuto urbano, il dedalo di vicoli e viuzze che caratterizza il centro storico, è un aspetto che influisce sulla filosofia napoletana del tempo. Sulla vicinanza, in certi casi obbligata, tra le persone. Tra strati sociali differenti. E questo comporta una condivisione degli spazi quotidiana, una coesistenza delicata e, certe volte, sicuramente complicata. Ma c’è una prossimità tra le persone, un senso straordinario di comunità e di reciproco aiuto. Stiamo lavorando sulla rigenerazione dello spazio urbano creando molteplici centri cittadini, ognuno di essi con specifiche peculiarità, in modo da ‘allargare’ la città decogestionandola.
I napoletani sembrano avere una straordinaria capacità di adattamento alle difficoltà, che si traduce anche in un uso del tempo creativo e flessibile. Il concetto di “attesa” è profondamente radicato nella vita napoletana. Come può Napoli trasformare l’attesa in un’opportunità, piuttosto che in un limite?
L’attesa è un concetto che riguarda Napoli, ma direi tutti i Sud del mondo. La sfida per la città, e per noi amministratori pubblici, è non subire l’attesa come indole non modificabile, ma lavorare attivamente per contrastare e superare gli stereotipi, alcuni insiti in noi stessi, altri alimentati all’esterno. Questo richiede un grande impegno, ma è un lavoro necessario. Vuol dire fare le cose, esser concreti, rispettare i tempi e, in questo modo, uscire dall’isolamento e costruire un’opportunità e per i suoi abitanti e i tanti turisti che stanno venendo.
La modernità porta con sé una pressione costante sul tempo: velocità, produttività, tecnologia. Come Napoli può mantenere la propria filosofia del tempo senza rimanere indietro rispetto alle sfide globali?
La modernità ha sicuramente avuto un impatto importante sul tempo e sulla pressione alla velocità e alla produttività. L’utilizzo delle nuove tecnologie ha stimolato la connettività tra le persone, i luoghi, le comunità in ogni parte del mondo. E lo ha fatto con grande velocità, stimolando, necessariamente, degli adattamenti. C’è un tema, però, da non sottovalutare e non riguarda soltanto le nuove tecnologie, ma la pressione sociale a non “perdere tempo prezioso”, a non indietreggiare. E questo è un tema che influisce molto anche sulla salute mentale e sulla sostenibilità di uno stile di vita improntato al raggiungimento del successo a tutti i costi. Quest’aspetto ha sicuramente toccato anche Napoli che, nonostante le sue peculiarità, non vive in una bolla fuori dal tempo e dal mondo e, come ogni altra città, attraversa dei cambiamenti. Napoli, da questo punto di vista, deve recuperare anche un gap rispetto ad altri posti del mondo. E la tecnologia è una grande opportunità per la nostra città. Alcuni passi sono stati fatti: l’Academy di San Giovanni a Teduccio, la rete di start up presenti sul territorio, la creatività giovanile e le nuove professionalità. Napoli, devo dire, riesce, pur mantenendo le sue caratteristiche, ad accettare le sfide globali e ad adattarle a sé. È evidente nelle ricadute sull’immagine della città, nell’interesse che suscita e, non meno importante, nella capacità di attrarre investimenti per la creazione di nuove opportunità di crescita.
A Napoli convivono un tempo “sacro”, fatto di tradizioni religiose, processioni, riti collettivi, e un tempo “profano”, legato alla vita quotidiana e ai ritmi urbani. Come vede questa coesistenza nella Napoli del futuro?
Credo che questi due elementi potrebbero coe- sistere anche in futuro. C’è sempre questa com- mistione in alcune delle più antiche – e resistenti – tradizioni della città. Il culto di San Gennaro, in tutta evidenza, fa emergere questo aspetto. La figura del Santo Patrono, infatti, pur legata al sentimento religioso, esplora ulteriori significati. San Gennaro è nelle chiese del territorio, ma è anche nella street art, nell’arte contemporanea, nei pro- dotti cinematografici, nella letteratura. San Gennaro è presente anche nel linguaggio quotidiano, nei detti popolari: i napoletani si rivolgono al Santo Patrono in maniera confidenziale, è come parte dell’identità e quest’appartenenza, molto spesso, travalica i confini della spiritualità. È sacro e laico allo stesso tempo. Poi, in alcune chiese della città, sono stati sperimentati progetti per i più giovani e meno giovani, progetti che aprono le porte a sperimentazioni artistiche, musica, confronto. Mi piace l’idea che queste due parti si incontrino e contribuiscano a scandire il tempo di vita della città e di chi la abita. Il centro storico, per intenderci, è densamente popolato e, per questa ragione, anche quei riti collettivi di natura religiosa si interseca- no alla vita quotidiana dei residenti. Da un lato c’è una grande partecipazione degli abitanti, dall’altra questa ritualità sembra perfettamente integrata al ritmo urbano della città. Credo che questo sia un grande punto di forza, la capacità, cioè, di far coesistere due anime apparentemente distanti.
Se dovesse spiegare a un visitatore straniero cosa significa “vivere il tempo a Napoli”, cosa direbbe?
Vivere il tempo a Napoli significa vivere l’unicità della città, un’esperienza dal sapore umano. Sempre più raro. Napoli piace moltissimo o non piace affatto, ma è originale. Napoli sa mischiare molte anime, molte contraddizioni, contrasti alcune volte incomprensibili, brutture ed eccellenze, ma è e resta una città unica e viva, una città in cui le tendenze si manifestano prima che altrove. Direi al visitatore straniero, quindi, di guardarci senza filtri immergendosi in un contesto dove ognuno trova il suo posto.