di Livia Ottolenghi, Assessora alle Politiche Educative UCEI
Hannah Arendt è ricordata soprattutto per i suoi studi politici, in particolare per Le origini del totalitarismo e La banalità del male. Ma accanto al suo lavoro filosofico, meno noto è il suo impegno nel recupero del patrimonio culturale ebraico dopo la devastazione della Shoah. Rifugiata negli Stati Uniti nel 1941, Hannah Arendt non solo analizzò i meccanismi della barbarie nazista, ma si fece carico della ricostruzione materiale della memoria ebraica, soprattutto attraverso il recupero dei libri e dei manoscritti saccheggiati dai nazisti.
Nel secondo dopoguerra, Arendt assunse il ruolo di segretaria esecutiva della Jewish Cultural Reconstruction (JCR), una delle principali organizzazioni incaricate di rintracciare e redistribuire il patrimonio culturale ebraico spogliato dai nazisti. Il suo lavoro la portò nei depositi della Germania occupata, tra milioni di volumi, pergamene e oggetti rituali accumulati in luoghi come l’Offenbach Archival Depot (OAD), deposito archivistico organizzato nella fabbrica della IG Farben (l’azienda chimica tedesca che deteneva il brevetto dello Zyklon B) riconvertita che divenne il più grande centro di restituzione libraria della storia.
La sua missione, come ebbe a dire lei stessa, era evitare che i resti della civiltà ebraica europea venissero dispersi, ignorati o riassorbiti nell’oblio, e che la continuità storica venisse spezzata, privando l’uomo del proprio sfondo umano e trasformandolo in un fantasma.
Il saccheggio nazista e la risposta culturale ebraica nel dopoguerra

Durante l’occupazione nazista, milioni di oggetti culturali ebraici furono sistematicamente saccheggiati. L’Einsatzstab Reichsleiter Rosenberg (ERR o Commando Rosenberg), guidato dall’ideologo e criminale nazista Alfred Rosenberg, aveva il compito di depredare libri, opere d’arte, archivi e oggetti rituali in nome di un progetto ideologico volto a cancellare e al tempo stesso “musealizzare” la cultura ebraica come segno della sua sconfitta. Questi beni furono catalogati minuziosamente: un dettaglio che, paradossalmente, si rivelò essenziale per le operazioni di restituzione dopo la guerra.
Con la fine del conflitto, diventò urgente stabilire a chi restituire quei beni, se i proprietari erano stati uccisi e le comunità annientate. Le procedure degli Alleati prevedevano la restituzione dei beni ai paesi di provenienza del bene, ma ciò avrebbe significato affidare la memoria ebraica proprio ai luoghi dove era stata cancellata. A questa logica si opposero intellettuali ebrei come Hannah Arendt, Gershom Scholem, e lo storico Salo W. Baron, sostenendo che la cultura ebraica fosse patrimonio collettivo del popolo ebraico, e non dei singoli stati nazionali.
Nacque così il progetto del Jewish Cultural Reconstruction, Inc., formalmente costituito nel 1947. Arendt vi giocò un ruolo centrale, sia sul campo sia nella sua struttura organizzativa. La JCR si assunse la responsabilità morale e pratica di catalogare, proteggere e ridistribuire centinaia di migliaia di oggetti culturali ebraici senza eredi.
Offenbach, il deposito dei libri orfani
Il simbolo di questa gigantesca impresa fu il deposito di Offenbach, dove erano stati raccolti oltre tre milioni di oggetti culturali. Fra questi, circa 650.000 erano di origine ebraica. Nei suoi primi anni di attività, l’OAD riuscì a restituire 1,3 milioni di libri, ma ne rimanevano ancora centinaia di migliaia, molti dei quali senza etichetta o provenienza certa.
Hannah Arendt lavorò sul campo, raccogliendo dati, scrivendo rapporti, viaggiando tra le rovine delle biblioteche tedesche, cercando risposte e collaborazione da un Paese in ginocchio nel dopoguerra. Affiancata da studiosi come Joshua Starr e Bernhard Heller, contribuì a creare uno degli strumenti più importanti della ricostruzione post-bellica: la Tentative List of Jewish Cultural Treasures in Axis-Occupied Countries, una mappatura di circa 3,5 milioni di libri, manoscritti, archivi e oggetti di valore appartenenti alla diaspora ebraica europea.
In questo complesso percorso Arendt si scontrò con la burocrazia, con la freddezza delle autorità tedesche e con la frammentazione interna delle organizzazioni ebraiche. Il valore simbolico di ogni volume era immenso: ogni oggetto era il testamento di una civiltà assassinata, scrisse la storica Lucy Dawidowicz, anche lei coinvolta nel progetto di restituzione.
Il lavoro del JCR, sotto la guida di intellettuali del calibro di Arendt, Scholem, Baron e Dawidowicz, permise di salvare centinaia di migliaia di oggetti che oggi costituiscono il cuore delle collezioni di istituzioni come la Biblioteca Nazionale d’Israele, Yad Vashem, il Leo Baeck Institute, il Jewish Theological Seminary, YIVO a New York, e molte altre, tra cui circa seimila libri della Biblioteca del Collegio Rabbinico Italiano(la quasi totalità del patrimonio librario della Biblioteca ebraica della Comunità di Roma, 25.000 libri tra cui incunaboli rari, pergamene, cinquecentine e volumi unici, razziati a Roma nel 1943, è invece andata perduta, nonostante le ricerche non si siano mai fermate).
Questa operazione fu, per Hannah Arendt, un atto di giustizia culturale, un modo per riaffermare che anche quando le vite vengono spezzate, anche attraverso la restituzione materiale del patrimonio culturale è ancora possibile testimoniare e tramandare una civiltà. E fu un complemento della sua azione filosofica per preservare la dignità e la continuità dell’ebraismo europeo anche attraverso il patrimonio culturale e la memoria storica.

Bibliografia
- Arendt, Hannah. Le origini del totalitarismo. Torino: Einaudi, 2001 (ed. orig. 1951).
- Arendt, Hannah. La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme. Milano: Feltrinelli, 1999 (ed. orig. 1963).
- Dawidowicz, Lucy S. The War Against the Jews 1933–1945. New York: Bantam, 1975.
- Gallas, Elisabeth. Das Leichenhaus der Bücher. Kulturrestitution und jüdisches Geschichtsdenken nach 1945. Göttingen: Vandenhoeck & Ruprecht, 2013.
- JRSO (Jewish Restitution Successor Organization). Tentative List of Jewish Cultural Treasures in Axis-Occupied Countries. New York: Commission on European Jewish Cultural Reconstruction, 1947.
- Pomrenze, Seymour J. The Restitution of Jewish Cultural Treasures after World War II: The Offenbach Archival Depot, 1946–1949. New York: Jewish Book Council, 2001.
- Scholem, Gershom. From Berlin to Jerusalem: Memories of My Youth. New York: Schocken, 1980.
- Tedeschi, Dario. Research of the Roman Jewish Community’s Library Looted in 1943, in “Jüdischer Buchbesitz Als Raubgut”, Klostermann, Frankfurt Am Main:243-52, 2006.
Sitografia
- ERR Project Guide – Israel
https://www.errproject.org/guide/ERR_Guide_Israel.pdf - Claims Conference – Dispersion of Jewish Ceremonial Objects in the West
https://art.claimscon.org/wp-content/uploads/2017/12/Part-1-Dispersion-of-Jewish-Ceremonial-Objects-in-the-West-JCR-12.12.2017.pdf - Library of Lost Books – Reading Room: Hannah Arendt
https://libraryoflostbooks.com/reading-room/hannah-arendt/ - YIVO Institute for Jewish Research – History
https://yivo.org/History-of-YIVO - Mosaic Magazine – Observation: How a Dream Team of Rescuers Salvaged Masses of Jewish Cultural Treasures Looted by the Nazis
https://mosaicmagazine.com/observation/history-ideas/2019/09/how-a-dream-team-of-rescuers-salvaged-masses-of-jewish-cultural-treasures-looted-by-the-nazis/