“Per fare la guerra bastano le armi, per fare la pace servono le idee.” Rav Jonathan Sacks
La parola “fondamento” è intrinsecamente legata alla radice o al principio su cui qualcosa si basa o viene costruito. Può essere il nucleo o la base su cui si erige un sistema,
un’idea o una dottrina.
Il “fondamentalismo” rappresenta figurativamente il suo opposto: un’interpretazione rigida e dogmatica degli stessi fondamenti, frutto di interpretazioni dottrinali univoche ed indiscutibili sia nei principi di base, che nei vincoli, di qualsiasi natura che da queste discendono. Fra i due c’è la frattura del vincolo della rappresentanza e il venir meno del dialogo nei diritti e per i diritti. Il fondamento cerca coerenza nel dialogo fra diversi e quindi è in grado rielaborare se stesso e diventa il terreno fertile su cui crescono e si sviluppano le idee, le pratiche e le istituzioni.
Mentre il fondamento offre una base solida su cui costruire e sviluppare comprensioni più ampie, il fondamentalismo tende a restringere e limitare tali interpretazioni, spesso ignorando il contesto e le sfumature che potrebbero arricchire la comprensione di un qualsiasi contesto di sistemi valoriali condivisi. Nella lettura ebraica il tema del fondamento, intrinsecamente legato alla struttura portante di qualsiasi sistema filosofico o religioso, riveste un ruolo centrale nelle credenze e nelle pratiche dell’ebraismo. Il fondamento rappresenta la base, il pilastro su cui poggiano le fondamenta della fede ebraica, offrendo stabilità e orientamento ai credenti ma anche la base per ulteriori elaborazioni e sviluppi non dogmatici.
Nell’ambito dell’ebraismo, il fondamento è spesso associato alla Torah, il testo sacro che costituisce la guida spirituale e morale per il popolo ebraico. La Torah è considerata il fondamento dell’intera tradizione ebraica, poiché contiene le leggi divine, gli insegnamenti morali e le narrazioni storiche che definiscono l’identità e la prassi religiosa degli ebrei.
La loro complessità e ricchezza è testimoniata dal Talmud che dimostra come e quanto sia stata elaborata e dialogante la costruzione delle regole che vincolano il credente e non solo lui e come la loro interpretazione sia ancora soggetto e oggetto di confronto e di dialogo.
Il “fondamentalismo” rappresenta figurativamente il suo opposto: un’interpretazione rigida e dogmatica degli stessi fondamenti, frutto di interpretazioni dottrinali univoche ed indiscutibili sia nei principi di base, che nei vincoli, di qualsiasi natura che da queste discendono. Fra i due c’è la frattura del vincolo della rappresentanza e il venir meno del dialogo nei diritti e per i diritti. Il fondamento cerca coerenza nel dialogo fra diversi e quindi è in grado rielaborare se stesso e diventa il terreno fertile su cui crescono e si sviluppano le idee, le pratiche e le istituzioni.
Mentre il fondamento offre una base solida su cui costruire e sviluppare comprensioni più ampie, il fondamentalismo tende a restringere e limitare tali interpretazioni, spesso ignorando il contesto e le sfumature che potrebbero arricchire la comprensione di un qualsiasi contesto di sistemi valoriali condivisi. Nella lettura ebraica il tema del fondamento, intrinsecamente legato alla struttura portante di qualsiasi sistema filosofico o religioso, riveste un ruolo centrale nelle credenze e nelle pratiche dell’ebraismo. Il fondamento rappresenta la base, il pilastro su cui poggiano le fondamenta della fede ebraica, offrendo stabilità e orientamento ai credenti ma anche la base per ulteriori elaborazioni e sviluppi non dogmatici.
Nell’ambito dell’ebraismo, il fondamento è spesso associato alla Torah, il testo sacro che costituisce la guida spirituale e morale per il popolo ebraico. La Torah è considerata il fondamento dell’intera tradizione ebraica, poiché contiene le leggi divine, gli insegnamenti morali e le narrazioni storiche che definiscono l’identità e la prassi religiosa degli ebrei.
La loro complessità e ricchezza è testimoniata dal Talmud che dimostra come e quanto sia stata elaborata e dialogante la costruzione delle regole che vincolano il credente e non solo lui e come la loro interpretazione sia ancora soggetto e oggetto di confronto e di dialogo.
Un uomo, un rabbino, un flosofo, Rav
Jonathan Sacks si è confrontato su questi temi Sacks, vuole capire e dare una risposta a una domanda semplice: perché
accanto a persone per le quali la fede ha
la capacità di raforzare e promuovere la
comune umanità, esistono anche persone
religiose che in preda ad emozioni forti
disumanizzano i loro avversari con risultati devastanti?
La religiosità riemersa nei tempi recenti
non ha quell’aspetto dolce, mistico, irenico ed ecumenico che, in Occidente, ci
aspettavamo. Al contrario è tornata la religione nel suo aspetto più antagonistico
ed aggressivo.
Tre sono le ragioni della pervasività religiosa di questo secolo appena iniziato: la religione si adatta meglio a un mondo di comunicazione globale istantanea; le grandi fedi rispondono al più sostanziale dei bisogni umani: procurano una identità; in tutto il mondo i gruppi più religiosi hanno il più alto tasso di natalità.
Qui iniziamo ad intravedere la fine dei valori Europei, dei valori degli stati nazionali, che non sanno o non riescono più a parlare ai loro cittadini soprattutto ai giovani, isolati dalla pandemia e ributtati in contesti condivisi che non tengono conto del percorso compiuto da ciascuno nei pochi metri quadri in cui nella fase della vita che necessita della massima socializzazione è stato costretto a vivere; nel fondamentalismo della solitudine. Nessuno era preparato e nessuno era pronto, ma non lo era all’esplodere della pandemia e non lo è dopo, non lo siamo ora. Sacks ci illumina anche su questo: il tema delle relazioni interpersonali e dà una prima risposta al quesito sulla relazione tra religione e violenza: all’interno del gruppo pratichiamo l’altruismo. Tra i gruppi pratichiamo l’aggressione. La religione entra in campo soltanto perché è la forza più potente mai escogitata per la creazione e il mantenimento di gruppi di vasta scala, risolvendo il problema della fiducia tra estranei.
Tre sono le ragioni della pervasività religiosa di questo secolo appena iniziato: la religione si adatta meglio a un mondo di comunicazione globale istantanea; le grandi fedi rispondono al più sostanziale dei bisogni umani: procurano una identità; in tutto il mondo i gruppi più religiosi hanno il più alto tasso di natalità.
Qui iniziamo ad intravedere la fine dei valori Europei, dei valori degli stati nazionali, che non sanno o non riescono più a parlare ai loro cittadini soprattutto ai giovani, isolati dalla pandemia e ributtati in contesti condivisi che non tengono conto del percorso compiuto da ciascuno nei pochi metri quadri in cui nella fase della vita che necessita della massima socializzazione è stato costretto a vivere; nel fondamentalismo della solitudine. Nessuno era preparato e nessuno era pronto, ma non lo era all’esplodere della pandemia e non lo è dopo, non lo siamo ora. Sacks ci illumina anche su questo: il tema delle relazioni interpersonali e dà una prima risposta al quesito sulla relazione tra religione e violenza: all’interno del gruppo pratichiamo l’altruismo. Tra i gruppi pratichiamo l’aggressione. La religione entra in campo soltanto perché è la forza più potente mai escogitata per la creazione e il mantenimento di gruppi di vasta scala, risolvendo il problema della fiducia tra estranei.
Se, dunque, la violenza ha a che fare con
l’identità, perché non abolirla? Perché dividere l’umanità in Noi e Loro e non considerarci un’umanità comune?
Ciò che porta la malvagità altruistica a
conseguenze fatali è la comprensione del
mondo con la categoria della opposizione
binaria: dividere l’umanità nelle categorie
assolute del bene e del male, in cui tutto il
bene è da una parte e tutto il male dall’altra.
Sacks chiama questo dualismo patologico che vede l’umanità divisa radicalmente e ontologicamente nell’indiscutibilmente buono e nell’irreparabilmente cattivo. Si disumanizza e demonizza il nemico; vittimizza chi ne è colpito e lo sottrae alla responsabilità del male che sta compiendo o ha compiuto. La sequenza della responsabilità è spezzata La conseguenza di questi due primi stadi è che permettono di uccidere e compiere un genocidio in nome di Dio della vita, odiando nel nome del Dio dell’amore e praticando la crudeltà nel nome del Dio della compassione. Sacks invita ad una nuova lettura dei testi biblici. Non nega che si sono testi biblici molto difficili e ci sono nelle scritture dei tre monoteismi abramitici testi che, interpretati letteralmente, portano all’odio, alla crudeltà e alla violenza assassina.
La verità che risplende in tutti i testi della Genesi, è che ciascuno di noi è benedetto da Dio e che ciascuno è prezioso ai suoi occhi. Essere figlio di Abramo significa imparare a rispettare gli altri figli di Abramo, anche se la loro strada non è la nostra. Sappiamo di essere amati e questo ci deve bastare. Insistere sul fatto che essere amati comporta che gli altri non lo siano vuol dire non riuscire a comprendere la natura stessa di quell’amore. Dio ha sottoscritto due patti con noi, uno con la nostra comune umanità, l’altro con la nostra identità specifica. Il primo riguarda l’universalità della giustizia, il secondo la particolarità dell’amore, e in questo ordine. La nostra comune umanità precede le nostre differenze religiose.
La presa in considerazione di questo duplice patto è la sola alternativa adeguata alla rivalità e violenza tra le tre religioni monoteistiche. Oggi, ebrei, cristiani e musulmani, sostiene Sacks, abbandonando la volontà di potere, in nome del patto narrato dalla stessa Genesi tra Dio e tutto il mondo animato e inanimato, devono rimanere uniti in difesa dell’umanità, della volontà di vita e della libertà religiosa, del creato e della casa comune. E più che preoccuparsi del dialogo tra le religioni, dovrebbero preoccuparsi di ciò che preoccupa tutti gli esseri umani: la salute, il cibo condiviso, le migliori relazioni umane, l’ambiente. Sono i pilastri di ogni vera religione: umanizzare questa vita.
È importante mantenere un equilibrio tra il rispetto per le radici della propria tradizione e la capacità di adattarsi e rispondere alle sfde del mondo moderno, mantenendo viva la vitalità e la ricchezza di tutte le culture in un dialogo paritetico.
Sacks chiama questo dualismo patologico che vede l’umanità divisa radicalmente e ontologicamente nell’indiscutibilmente buono e nell’irreparabilmente cattivo. Si disumanizza e demonizza il nemico; vittimizza chi ne è colpito e lo sottrae alla responsabilità del male che sta compiendo o ha compiuto. La sequenza della responsabilità è spezzata La conseguenza di questi due primi stadi è che permettono di uccidere e compiere un genocidio in nome di Dio della vita, odiando nel nome del Dio dell’amore e praticando la crudeltà nel nome del Dio della compassione. Sacks invita ad una nuova lettura dei testi biblici. Non nega che si sono testi biblici molto difficili e ci sono nelle scritture dei tre monoteismi abramitici testi che, interpretati letteralmente, portano all’odio, alla crudeltà e alla violenza assassina.
La verità che risplende in tutti i testi della Genesi, è che ciascuno di noi è benedetto da Dio e che ciascuno è prezioso ai suoi occhi. Essere figlio di Abramo significa imparare a rispettare gli altri figli di Abramo, anche se la loro strada non è la nostra. Sappiamo di essere amati e questo ci deve bastare. Insistere sul fatto che essere amati comporta che gli altri non lo siano vuol dire non riuscire a comprendere la natura stessa di quell’amore. Dio ha sottoscritto due patti con noi, uno con la nostra comune umanità, l’altro con la nostra identità specifica. Il primo riguarda l’universalità della giustizia, il secondo la particolarità dell’amore, e in questo ordine. La nostra comune umanità precede le nostre differenze religiose.
La presa in considerazione di questo duplice patto è la sola alternativa adeguata alla rivalità e violenza tra le tre religioni monoteistiche. Oggi, ebrei, cristiani e musulmani, sostiene Sacks, abbandonando la volontà di potere, in nome del patto narrato dalla stessa Genesi tra Dio e tutto il mondo animato e inanimato, devono rimanere uniti in difesa dell’umanità, della volontà di vita e della libertà religiosa, del creato e della casa comune. E più che preoccuparsi del dialogo tra le religioni, dovrebbero preoccuparsi di ciò che preoccupa tutti gli esseri umani: la salute, il cibo condiviso, le migliori relazioni umane, l’ambiente. Sono i pilastri di ogni vera religione: umanizzare questa vita.
È importante mantenere un equilibrio tra il rispetto per le radici della propria tradizione e la capacità di adattarsi e rispondere alle sfde del mondo moderno, mantenendo viva la vitalità e la ricchezza di tutte le culture in un dialogo paritetico.
Essere figlio di Abramo
significa imparare a rispettare
gli altri figli di Abramo, anche
se la loro strada non è la
nostra.
Abbiamo visto e provato come il fondamentalismo, inteso come l’adesione rigida e
assoluta a un’interpretazione letterale di un
testo sacro o di un’ideologia politica, può
rappresentare una minaccia per la democrazia, con il suo rigido dogmatismo binario.
Le interpretazioni estremiste, quando non velleitarie, manipolative distorsive, di testi sacri hanno dato vita a una visione distorta degli ebrei, considerati responsabili di qualunque male, senza la ricerca della responsabilità individuale, se un ebreo sbaglia sono gli ebrei che hanno sbagliato, Ma forse bisogna aderire alla tesi di una giovane giornalista Nathania Zevi che arriva a formulare un antisemitismo presupposto, che esisterebbe anche se paradossalmente non ci fossero gli ebrei, considerata la pochezza dei loro numeri rispetto alle dimensioni globali dell’umanità e della ricchezza mondiale.
Le interpretazioni estremiste, quando non velleitarie, manipolative distorsive, di testi sacri hanno dato vita a una visione distorta degli ebrei, considerati responsabili di qualunque male, senza la ricerca della responsabilità individuale, se un ebreo sbaglia sono gli ebrei che hanno sbagliato, Ma forse bisogna aderire alla tesi di una giovane giornalista Nathania Zevi che arriva a formulare un antisemitismo presupposto, che esisterebbe anche se paradossalmente non ci fossero gli ebrei, considerata la pochezza dei loro numeri rispetto alle dimensioni globali dell’umanità e della ricchezza mondiale.
Non c’è teoria del complotto più trainante
di quella che vede coinvolti gli ebrei, i teorie del complotto che dipingono gli ebrei
come nemici della umanità in generale.
Le organizzazioni terroristiche islamiste spesso fomentano l’odio anti-ebraico
come parte della loro ideologia, erigendosi a purificatori del mondo, esattamente
come i nazisti. È importante condividere come l’antisemitismo non è semplicemente un fenomeno del passato, ma continua a essere
una forza distruttiva nella società contemporanea, un fondamentalismo che chiude
il confronto e rifiuta il dialogo, impedisce
l’esercizio quotidiano dei diritti fondamentali. Combattere l’antisemitismo richiede un impegno collettivo per sfidare
le ideologie estremiste e promuovere la
tolleranza e il rispetto per tutte le persone,
indipendentemente dalla loro religione o
origine etnica. Solo attraverso l’educazione, il dialogo e l’azione concertata possiamo sperare di porre
fine a questa forma di odio insidioso e costruire un mondo più
giusto e inclusivo per tutti.
Da sempre è diversa e forte una voce
che porta un contributo dirimente verso
la pace quella delle donne che chiede la
pace, chiede la
fine delle disumane pratiche della violenza, chiede la
fine dei muri
e l’inizio della coesistenza.
Per superare gli e fetti negativi del fondamentalismo e riconnettersi ai valori fondamentali che sostengono una società inclusiva e democratica, basata sul dialogo costruttivo e il rispetto reciproco. In sintesi, affrontare il fondamentalismo e ritornare ai valori fondamentali della democrazia richiede un impegno collettivo per promuovere l’educazione, il dialogo e la solidarietà.
Perché per confrontarsi bisogna fermarsi ed ascoltare: questo è l’obiettivo più importante della Fondazione Rut, fare ricerca applicando l’ascolto, condividendo i progetti e attraverso i risultati evolversi insieme ai contesti che riusciremo a coinvolgere.
Per superare gli e fetti negativi del fondamentalismo e riconnettersi ai valori fondamentali che sostengono una società inclusiva e democratica, basata sul dialogo costruttivo e il rispetto reciproco. In sintesi, affrontare il fondamentalismo e ritornare ai valori fondamentali della democrazia richiede un impegno collettivo per promuovere l’educazione, il dialogo e la solidarietà.
Perché per confrontarsi bisogna fermarsi ed ascoltare: questo è l’obiettivo più importante della Fondazione Rut, fare ricerca applicando l’ascolto, condividendo i progetti e attraverso i risultati evolversi insieme ai contesti che riusciremo a coinvolgere.