“Unità di Strada” a Caivano: l’azione che incontra, ascolta, trasforma
16 Maggio 2025
Intervista a Raffaella Guarracino, coordinatrice Unità di Strada a Caivano
Può raccontarci chi è e cosa l’ha spinta a partecipare al progetto Futuri(im)possibili a Caivano?
Sono pedagogista da quasi vent’anni e da sempre lavoro con ragazze e ragazzi che vivono in contesti considerati “difficili”, a rischio o ai margini della società. Territori dove le possibilità vanno cercate a fatica, dove il talento spesso si nasconde dietro la rabbia o la paura, e dove bisogna lottare per non lasciarsi definire da un destino già scritto. A spingermi verso Caivano, un territorio che conoscevo solo attraverso i racconti o la cronaca televisiva, è stato innanzitutto il mio forte “animo sociale”: il desiderio di fare davvero la differenza nella comunità, di mettermi in gioco, ma anche di crescere professionalmente attraverso nuove esperienze e competenze. Fondazione Rut, con cui collaboro, è prima di tutto un ente di ricerca e studio che promuove la coesione sociale e il dialogo interculturale. Un contesto ideale per contribuire concretamente a un cambiamento possibile.
Cosa significa per lei lavorare in un territorio complesso come quello di Caivano?
Per me, lavorare in questo ambito significa soprattutto affrontare nuove sfide, come quelle legate alla complessità sociale ed economica: povertà, disoccupazione, disagio giovanile, difficoltà di integrazione, paura del futuro.Operare in un contesto simile richiede una forte capacità di costruire relazioni autentiche con la comunità locale, ascoltare con attenzione i bisogni reali e collaborare per trovare soluzioni condivise. In territori complessi come Caivano, tutto questo implica anche grande adattabilità e flessibilità: serve essere pronti a rivedere metodi e strategie in base ai cambiamenti del contesto e alle risposte che emergono dal basso, direttamente dalla comunità.
In cosa consiste esattamente il progetto “unità di strada” che coordina? Quali sono i suoi principali obiettivi?
Il progetto di ricerca-azione Futuri (im)possibili affronta le sfide legate alla condizione giovanile nel territorio di Caivano, adottando un approccio innovativo e partecipativo. L’obiettivo è analizzare il presente per immaginare un futuro più inclusivo, sostenibile e ricco di opportunità per i giovani. Il progetto prevede un programma di interventi finalizzati a migliorare la sicurezza, promuovere la socialità e offrire nuove possibilità di crescita. Tra le azioni principali sono previste attività di aggregazione, laboratori, la somministrazione di questionari e uno studio approfondito sulla linguistica giovanile e il suo impatto sociale. Allo stesso tempo, il progetto mira a prevenire la marginalità giovanile, sostenendo i ragazzi nel superamento di situazioni di rischio e aiutandoli a sviluppare competenze utili per condurre una vita autonoma e responsabile. Fornisce inoltre supporto e orientamento, attraverso strumenti concreti per affrontare le difficoltà e raggiungere i propri obiettivi. L’inclusione sociale rappresenta un altro pilastro fondamentale, con l’intento di favorire la partecipazione attiva dei giovani alla vita della comunità.
Perché avete scelto il metodo dell’“unità di strada”? Che tipo di approccio porta rispetto ad altri interventi?
La scelta del metodo delle Unità di Strada per lavorare con i giovani di Caivano nasce da un insieme di motivazioni ben precise. Si tratta, innanzitutto, di un approccio personalizzato, che consente di entrare in relazione con i ragazzi e le ragazze tenendo conto delle loro esigenze specifiche e degli obiettivi individuali. Questo metodo si distingue per la sua flessibilità e adattabilità, qualità fondamentali per rispondere in modo dinamico alle diverse situazioni e ai bisogni che emergono nel quotidiano. Un altro aspetto centrale è il lavoro di rete: la collaborazione con altre realtà e istituzioni del territorio permette di garantire un supporto integrato e coordinato, più efficace e capace di generare impatto reale. Inoltre, il metodo punta sulla prevenzione e sull’intervento precoce, intervenendo tempestivamente nelle situazioni di rischio per evitare che i problemi si aggravino. L’azione si sviluppa sempre a partire da un intervento diretto, sul campo, in contatto immediato con i giovani, superando approcci più distaccati, teorici o burocratici. Al centro vi è la focalizzazione sulle esigenze reali dei ragazzi, evitando soluzioni preconfezionate o standardizzate e privilegiando risposte costruite insieme, su misura. Infine, uno degli obiettivi fondamentali di questo metodo è l’empowerment: rendere i giovani protagonisti del proprio percorso di crescita, responsabilizzandoli e accompagnandoli verso una partecipazione attiva alla vita della comunità.
Come avviene concretamente il lavoro quotidiano sul campo? Quali strumenti utilizzate per entrare in relazione?
Il nostro lavoro sul campo si sviluppa attraverso diverse modalità operative, tutte orientate a costruire relazioni autentiche con i giovani. Strumenti fondamentali per entrare in contatto con loro sono l’ascolto attivo, l’empatia, la capacità di comprendere i vissuti altrui e una comunicazione aperta e sincera. In alcune situazioni utilizziamo anche strumenti come la somministrazione di questionari, utili per raccogliere informazioni e favorire il dialogo. Il nostro metodo si basa su momenti di incontro informale, spesso realizzati in spazi pubblici o comunitari, che favoriscono relazioni spontanee e non giudicanti. A queste occasioni si affiancano le attività di strada, che comprendono la distribuzione di materiale informativo e la rilevazione di bisogni emergenti attraverso questionari. Un ruolo centrale è inoltre svolto dalle attività di gruppo e dai laboratori, pensati per stimolare la socializzazione, rafforzare il senso di appartenenza e costruire reti di supporto tra pari: elementi chiave per un percorso di crescita condiviso, consapevole e duraturo. La nostra squadra è composta da tre peer educator, persone vicine per età ed esperienza ai ragazzi e alle ragazze che incontriamo. Questo ci permette di instaurare relazioni autentiche, basate sulla fiducia e sull’assenza di giudizio, e di entrare in contatto con loro su un piano di parità. Ascoltiamo, osserviamo, ci confrontiamo e cerchiamo di cogliere anche quei bisogni che spesso restano inespresso. Ogni settimana realizziamo almeno tre uscite nel territorio di Caivano, andando incontro ai giovani nei loro luoghi abituali di ritrovo: piazze, parchi, spazi pubblici dove si incontrano con amici o trascorrono il tempo libero. Il nostro obiettivo è esserci, offrire una presenza costante e accogliente, creare legami di fiducia e diventare un punto di riferimento stabile. Attraverso le attività che proponiamo – dalle semplici chiacchierate ai laboratori e agli eventi di aggregazione – promuoviamo opportunità di crescita, stimoliamo la creatività e incoraggiamo il protagonismo giovanile. Offriamo alternative positive per il tempo libero, affinché i ragazzi possano sentirsi parte attiva della loro comunità. Inoltre, ci impegniamo a fare da ponte tra i giovani e le risorse presenti sul territorio. Li accompagniamo, quando necessario, verso servizi educativi, culturali, formativi o di supporto psicologico e sociale. In questo modo, contribuiamo alla costruzione di una rete di sostegno e fiducia, con l’obiettivo di prevenire situazioni di disagio e rafforzare le competenze necessarie per una vita più consapevole e autonoma.
Come si costruisce un rapporto di fiducia con ragazzi/e che spesso vivono in contesti di sfiducia cronica verso le istituzioni?
Costruire un rapporto di fiducia con ragazzi che vivono in contesti segnati da una sfiducia cronica verso le istituzioni è un processo delicato e complesso, che richiede tempo, pazienza e una forte dedizione.In questo percorso, sono fondamentali strumenti come l’ascolto attivo, l’empatia, la trasparenza e l’onestà. Ma altrettanto importanti sono il rispetto e la valorizzazione di ciascun ragazzo, la coerenza nelle azioni e l’affidabilità degli adulti di riferimento. Tutti questi elementi contribuiscono a trasmettere ai giovani un senso di sicurezza, condizione essenziale per costruire relazioni autentiche e durature.
Quali altri attori locali sono coinvolti nel progetto?
Stiamo collaborando attivamente con i Servizi Sociali del territorio, alcune parrocchie, tra cui la Chiesa di San Pietro degli Apostoli di Don Peppino, la Croce Rossa Italiana, il Polo Millegiorni e il Piccolo Coro di Caivano. Parallelamente, siamo al lavoro per avviare un dialogo e costruire sinergie anche con le scuole.
Come misurate l’impatto del progetto?
L’impatto nel tempo può essere misurato attraverso diversi metodi e strumenti, combinando sia una valutazione qualitativa che quantitativa. La valutazione qualitativa si realizza attraverso interviste, focus group e altre tecniche dialogiche; quella quantitativa, invece, attraverso questionari, sondaggi e raccolta di dati strutturati. In molti casi, è utile adottare un approccio misto che integri entrambe le modalità, così da ottenere una visione più completa e approfondita degli effetti del progetto. Un ulteriore strumento importante è l’osservazione diretta, utile per raccogliere informazioni sul comportamento e sull’interazione dei giovani coinvolti. Infine, è fondamentale prevedere una valutazione periodica e costante nel tempo, in modo da monitorare l’andamento del progetto e intervenire tempestivamente con eventuali aggiustamenti.
Che messaggio vorrebbe lanciare alle/ai giovani che si sentono ai margini o invisibili?
Ai ragazzi e alle ragazze che si sentono ai margini o invisibili, vorrei innanzitutto trasmettere speranza e vicinanza. Dire loro che contano, che hanno valore, e che non sono soli. Anche quando tutto sembra andare contro, anche quando il mondo sembra non accorgersi della loro presenza, devono sapere che possono fare la differenza. Vorrei dirgli di non smettere mai di credere in sé stessi, nelle proprie possibilità e nel proprio futuro. Perché ognuno di loro custodisce qualcosa di unico, che merita di essere visto, ascoltato e valorizzato. Nessuno dovrebbe sentirsi escluso dal diritto di sognare, di crescere, di costruire il proprio cammino. E questo progetto esiste proprio per loro: per aprire spazi, creare opportunità, accendere possibilità. Perché nessun giovane deve sentirsi invisibile. Perché ogni voce merita di essere ascoltata. E perché da qui, insieme, possiamo immaginare futuri (im)possibili.