Nato di donna come rileggere la maternità

di Nadia Terranova

Dopo cinquant’anni, è di nuovo in libreria il primo e più illuminante libro sull’argomento di Adrienne Rich
Nato di donna di Adrienne Rich è un libro del 1976 tradotto all’epoca da Garzanti in una storica edizione che molto ha girato tra le femministe, che poi è scomparso dagli scaffali delle librerie, è andato fuori catalogo – eclissandosi senza mai sparire, seguendo la sorte dei libri di culto, fotocopiato, prestato con cura, passato di mano in mano attraverso regali mirati, suggerito, pescato come un tesoro nelle librerie dell’usato. È così che anch’io ho saputo della sua esistenza, poco dopo aver letto alcune poesie di Rich che mi avevano folgorata ed essermi messa sulle tracce di un’autrice di cui volevo sapere di più. Dunque il saggio ce l’avevo e l’avevo anche sbirciato, dopo che un altro libro, L’ordine simbolico della madre di Luisa Muraro, aveva stravolto le mie certezze e ridisegnato chi ero: avevo da poco pubblicato un romanzo, Addio fantasmi, incentrato sul conflitto madre-figlia in età adulta, ero esausta e soddisfatta di quell’esplorazione e dei consensi che avevo ottenuto, sentivo di aver fatto bene a far esplodere quell’ordigno e molte donne, figlie e madri, mi dicevano di essersi rispecchiate nella ferocia che non mi ero risparmiata a mettere in scena. Poi, avevo letto Muraro.

Fin dalle prime pagine mi aveva stordita e rimestata per bene: cos’era l’inclemenza per le madri, cui ci avevano istigate fin da bambine, se non un’altra delle molte forme di violenta misoginia del sistema patriarcale? Veniamo indirizzate verso il disprezzo contro chi ci ha generate, non siamo biasimate se esageriamo nel conflitto, se minimizziamo la madre, non perdonandole niente, e salviamo il padre – sempre, o quasi. L’ordine simbolico della madre riallineava le costellazioni, denudava altre verità. Era, come a poco a poco avrei assorbito, un testo direttamente scaturito da Rich, dalla sua coraggiosa presa di posizione alla metà degli anni Settanta, dalla poeta che rifletteva per tutte noi sul suo aver fatto tre figli con un uomo da cui poi si era separata e aver deciso di dichiararsi lesbica, in un mondo in cui, nonostante le lotte, non era per nulla scontato dare nomi alle questioni delle donne.

Così, già modifcata da Muraro, Nato di donna l’avevo sbirciato, e quel primo incontro era stato denso. Avevo sollevato la tendina sull’universo che stavo riesplorando da fglia, in direzione contraria, e avevo capito che ero lì che dovevo andare se volevo sbloccare macigni che erano tutti miei. Nel 2022, incinta di mia figlia, lo ripresi per leggerlo, leggerlo davvero. Tra mille manuali su come affrontare la gravidanza (molti dei quali scritti da maschi: sembra incredibile, ma è ancora vero), tra video-lampo di influencer e regole tipo: tre cose da fare prima della prima ecografia (!), tra esortazioni alla medicalizzazione sfrenata e fanatismi di naturalità a ogni costo, sentivo il bisogno di Qualcosa, la maiuscola è voluta, che mi tenesse ferme le spalle e mi dicesse dov’ero. Non dove sarei andata, quello non volevo saperlo, volevo che mi ci portasse mia figlia – ma dov’ero, e poteva saperlo solo un’altra donna. Una co-madre, per usare questa splendida parola coniata da Clarissa Pinkola-Estes, una madre accanto alla quale potevo essere madre a mia volta. La mia co-madre letteraria fu Adrienne Rich.
A distanza di quasi cinquant’anni, Nato di donna è invecchiato senza una ruga e rimane il primo e più illuminante testo sulla maternità. Nel 1976, Rich ha fatto passi enormi e fondamentali separando l’istituzione dall’esperienza, spiegando il disprezzo e la repulsione che il diventare madri ha significato per molte ragazze che si sognavano libere, mettendo a nudo la violenta espropriazione che il sistema patriarcale ha operato nei confronti di chi faceva ciò che agli uomini sempre sarà negato: generare.

Vi si trovano inoltre pagine importanti di indagine e riflessione non solo di ciò che comunemente viene considerato tabù, come l’aborto, ma anche di ciò che è tabù lo è davvero, come la sterilizzazione femminile. E ancora: si parla di genitorialità non biologica, in modo molto chiaro e aperto, tenendo conto della differenza tra maternità e materno, con risvolti profondi e prismatici, molto lontani dalla superficialità toccata dallo stesso dibattito negli ultimi anni.

Per tutte queste ragioni, un giorno di fine 2023, dopo che mia figlia era nata e la mia vecchia copia Garzanti di Nato di donna era tutta sottolineata, dopo l’uscita di un altro libro importante che proprio e non a caso ne ha una frase come esergo, ovvero Donne che allattano cuccioli di lupo di Adriana Cavarero, scrissi pubblicamente che anche le ragazze degli anni duemilaventi avevano diritto di leggere Adrienne Rich. Auspicavo che Nato di donna tornasse in libreria e che continuasse a parlare a tutte come era accaduto a me, a ciascuna con la sua storia, certo, con il suo dizionario e con la sua esperienza. Parlasse alle madri, che sono solo alcune fra le donne, e parlasse alle figlie, che invece sono proprio tutte. Se mai servisse una prova che la magia esiste, pochi giorni dopo mi scrisse un editor della Mondadori, la casa editrice aveva acquisito i diritti del libro e mi chiedeva di scriverne la prefazione, ritenendo che la voce di una femminista più giovane potesse servire da anello di congiunzione verso le nuove generazioni. Felice, onorata e anche parecchio in ansia per l’altissimo compito, dissi di sì.
Oggi Nato di donna è di nuovo disponibile, in una nuova e bella veste grafica. Sulla copertina, le onde ricordano le acque da cui tutti siamo nati, anche quelli che preferiscono dimenticarlo. Oggi come ieri Adrienne Rich con la sua prosa sapiente e diretta arriva a chi sa leggerla, a chi con il semplice gesto di aprire questo grande caposaldo della maternità rimette al centro la questione universale da cui tutte e tutti originiamo, rialzando di un’ottava il livello di tutte le discussioni che siamo intente a farle intorno.
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