
Nel 1955, il grande scrittore premio Nobel per la letteratura Isaac Bashevis Singer visitò Israele per la prima volta e raccontò il viaggio in una serie di articoli per il quotidiano yiddish newyorkese Forverts. Fu per lui un’esperienza al contempo concreta e simbolica: da un lato fu colpito dalla realtà del nuovo Stato, con il suo sviluppo tumultuoso, con la vivacità e le tensioni della sua società multiculturale; dall’altro si emozionò nel vedere dal vero la terra della Bibbia immaginata sin dall’infanzia, una terra riscaldata da un «fuoco speciale» che pareva prendere magicamente forma in una sovrapposizione lirica tra passato e presente.
Viaggio in Israele non è solo la raccolta, preziosa e coinvolgente, di questi articoli, ma anche un grande romanzo che sa tenere insieme letteratura, storia ebraica, “vecchia” cultura yiddish e nuovo mondo israeliano. Entusiasmo e pragmatismo si fondono in un viaggio in cui l’attenzione per il dettaglio si unisce a una grande capacità di raccontare e, talvolta, persino di prevedere.
Poiché il nuovo numero della rivista Erre è dedicato alla Shabbat, ecco per i suoi lettori un brano tratto dal libro. È il 14 novembre 1955 e Singer va in visita in un kibbutz a trovare la famiglia della futura sposa di suo figlio.
Cala la sera, venerdì sera, arriva lo Shabbat:
“Se questo fosse un kibbutz religioso, probabilmente la moglie benedirebbe le candele e andremmo tutti in sinagoga a festeggiare l’arrivo dello Shabbat. Invece qui è il sole a benedire le candele. Proietta sui monti qui attorno una bellissima luce rossa, bella come se provenisse dalle candele celesti dello Shabbat. I monti assumono un colore rosato. Qui il passaggio tra il giorno e la notte è rapido. Subito dopo che il sole ha finito di versare porpora e fuoco, ecco che si fa buio e che compaiono le stelle. Sopra i monti spunta uno spicchio di luna. È la sera del venerdì. Ho una strana sensazione: qui è impossibile profanare lo Shabbat. Lo Shabbat è qui presente. È intrinsecamente sacro. Qui lo Shabbat è a casa propria e per scacciarlo non basta un paio di ragazzi e di ragazze che credono nell’ateismo”.
Isaac Bashevis Singer
(1903-1991)
Isaac Bashevis Singer, conosciuto anche come Isaac B. Singer, nacque a Leoncin l’11 novembre 1903 e morì a Miami il 24 luglio 1991. Scrittore e traduttore polacco naturalizzato statunitense, fu uno dei più importanti autori in lingua yiddish del XX secolo.
Nel 1978 ricevette il premio Nobel per la letteratura.
Singer fu un maestro nella narrazione di racconti e romanzi, inizialmente scritti in yiddish e successivamente tradotti in inglese con la collaborazione di editor e traduttori. Figura di spicco della letteratura yiddish, vinse numerosi riconoscimenti, tra cui due National Book Award. Tra le sue opere più significative si annoverano i romanzi Satana a Goray (1935), La famiglia Moskat (1950), La fortezza (1957), Il mago di Lublino (1960), La proprietà (1969), Nemici: una storia d’amore (1972), Shosha (1978) e Ombre sull’Hudson (2000, postumo). Celebri anche le sue rac- colte di racconti, come Gimpel l’idiota (1957), I due bugiardi (1961), Un amico di Kafha (1970), Una corona di piume (1973) e La morte di Matusalemme (1988).
