L’ascolto della strada

di Federica D’Esposito e Andrea Rau

La Fondazione Rut Ets, il Centro Studi Opera Don Calabria e l’Associazione di Promozione e Sviluppo del Benessere PsicoFisico – Esperia, con il fnanziamento della Fondazione Banco di Napoli, hanno dato vita al progetto “Statt’Accort”, per la promozione del benessere e della cittadinanza attiva nei contesti della vita quotidiana: scuola, servizi sociali, quartieri, rivolto a preadolescenti e adolescenti di età compresa tra gli 11 e 18 anni, nei territori di Napoli, Afragola (NA), Caserta e Casal di Principe (CE).
Da settembre 2023, due unità di strada sono diventate parte integrante dei luoghi di incontro e svago nei territori di Afragola e Casal di Principe. Durante questo periodo, abbiamo avuto l’opportunità di incontrare e coinvolgere centinaia di giovani, affrontando una vasta gamma di temi, tra cui le dipendenze, la sessualità, l’istruzione e le relazioni familiari e sociali. Il progetto “Statt’accort” ha preso forma durante le calde giornate dell’estate scorsa, quando un gruppo di sette giovani, tra educatori, assistenti sociali e animatori sociali, ha ideato, sviluppato e posto le basi del lavoro. L’obiettivo principale è stato quello di ascoltare e coinvolgere gli adolescenti e i giovani di Afragola e Casal di Principe, per fornire un supporto individualizzato, sensibilizzare sul benessere fisico e mentale, rafforzare i fattori protettivi e promuovere il protagonismo giovanile. Per affrontare questa sfida, abbiamo adattato l’unità di strada trasformandola in uno strumento che potesse essere quanto più dinamico e coinvolgente possibile. Da qui è nata l’idea di creare dei reel. Fin dalle prime uscite, abbiamo potuto constatare l’efficacia di questo approccio. L’installazione di luci adatte alla ripresa video in alcune aree della movida, non solo ha attirato l’attenzione dei presenti, ma ha anche facilitato l’avvio di dialoghi significativi, trasformando incontri casuali in scambi profondi e autentici, senza telecamere accese, luci e microfoni. Attraverso domande apparentemente semplici, abbiamo ricevuto risposte sorprendenti e istruttive, che, una volta montate e condivise sui canali social del progetto, hanno creato un autentico diario narrativo delle nostre esperienze sul campo. Un altro strumento prezioso è stato il questionario, somministrato fn dalle prime fasi del progetto, che ci ha permesso di esplorare tre aree principali: il rapporto dei giovani con il territorio, i servizi disponibili e le dipendenze, nonché le dinamiche familiari e sociali.
Dai 237 questionari raccolti, abbiamo ottenuto dati grezzi, che, ci hanno consentito di individuare tendenze comuni. Gli intervistati sono prevalentemente studenti di scuole superiori di secondo grado, impegnati nella costruzione del loro percorso formativo, che esprimono bisogni piuttosto evoluti in termini di affermazione del sé. A questo elemento si accompagna un sostanziale giudizio critico per l’assenza di servizi culturali e veri luoghi di aggregazione. Ma se da un lato è emersa una disillusione verso la comunità in cui vivono questi ragazzi, dall’altro è apparso chiaro il senso di comunità e la voglia di essere agente di cambiamento verso quel luogo che troppo poco ha da offrire. Per noi, invece, lavorare in un’unità di strada, conoscere questi ragazzi e ragazze, ha significato molto più che semplicemente raggiungere i giovani nel loro contesto naturale. Ha significato entrare nelle loro vite, nelle loro storie personali, spesso complesse e difficili. Ha rappresentato un viaggio nell’umano, fatto di incontri, di sguardi e di parole che hanno aperto finestre sui mondi interiori che troppo spesso restano
nascosti. Avendo avuto l’opportunità di ascoltare e di condividere le esperienze dei giovani, ci è apparso chiaro fin da subito, che dietro quei volti, che spesso appaiono annoiati e disillusi, ci sono storie uniche, fatte di gioie, dolori, speranze e delusioni. Storie che, se gli si da l’opportunità di emergere, vengono fuori con tutta la loro prepotenza.

È in questo contesto, che abbiamo avuto modo di entrare in contatto con gli interessi, i desideri e i bisogni dei ragazzi che incontravamo. Talvolta si è trattato di bisogni materiali: i soldi per pagare il mutuo di mamma e papà, la casa grande, la macchina. Altre volte, invece, erano bisogni emotivi, come il desiderio di essere ascoltati, compresi, accettati. È stato proprio in queste occasioni che abbiamo potuto sperimentare il potere trasformativo dell’ascolto empatico.

Semplicemente stando lì, disponibili a dare spazio alle loro parole, abbiamo visto i ragazzi aprirsi, raccontare le loro storie, condividere i loro pensieri più intimi. In quei momenti, abbiamo capito quanto fosse importante per loro, non semplicemente avere qualcuno che potesse utopicamente realizzare i loro desideri e risolvere i loro problemi, ma quanto fosse importante avere qualcuno che li ascoltasse senza giudicare, senza pregiudizi, senza cercare di imporre soluzioni.
L’ascolto è stato, dunque, non solo un atto di gentilezza, ma anche uno strumento potente per favorire la crescita personale e il cambiamento. Abbiamo visto ragazzi che, una volta trovato uno spazio sicuro dove esprimersi, hanno iniziato a riflettere su se stessi, sulle proprie scelte, sulle proprie prospettive di futuro.

Abbiamo visto ragazzi che, grazie a un semplice gesto di ascolto, hanno trovato la voglia di affrontare le proprie difficoltà, di mettere in discussione i propri limiti, cercando magari di reinventarsi. Il lavoro con l’unità di strada ci ha donato molto a livello di connessione umana e di conoscenze e ci ha sottolineato un concetto chiaro che a volte, nella quotidianità frenetica dimentichiamo: Dietro ogni volto c’è una storia da ascoltare, da rispettare, da valorizzare.

L’ascolto è un’arte preziosa, capace di aprire porte e di creare ponti tra le persone. Che nelle situazioni più difficili, per i ragazzi di oggi, spesso sottovalutati, c’è sempre spazio per la crescita, per la rinascita e soprattutto, per la speranza che qualcosa prima o poi possa cambiare.

Il progetto si pone l’ obiettivo di istituire un monitoraggio sul target dei preadolescenti e adolescenti, sul tema del benessere declinato come diritto alla salute fisica, mentale e sociale, e al contempo di sensibilizzare i giovani e giovanissimi in modo che apprendano, si interroghino e siano in grado di realizzare le condizioni più favorevoli per ridurre i “fattori di rischio” e (come il fumo, l’inattività fisica, la scorretta alimentazione, l’abuso di alcol e droghe) e aumentare i “fattori protettivi”, costituiti da risorse o condizioni specifiche (individuali, familiari, scolastiche, comunitarie e sociali), promuovendo esperienze che consentano di apprendere il concreto prendersi cura di se stessi, degli altri e dell’ambiente e che favoriscano forme di cooperazione e solidarietà.
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