Sono ormai alcuni decenni che nei mezzi di comunicazione di massa ha fatto il suo ingresso il termine “fondamentalismo”, in genere accoppiato all’aggettivo “islamico”. Ma che cosa si intende precisamente per “fondamentalismo”? La Treccani apre la voce dedicata a questo termine come segue: caratteristica dei movimenti religiosi, ma anche ideologici e politici, che propugnano un ritorno radicale ai «fondamenti» di una dottrina, identifcati come autentici e infallibili.
Non tutti sanno che il termine nasce in realtà in ambito cristiano protestante; si trattava
di un movimento nato negli Stati Uniti nell’ultimo quarto del sec. XIX. Esso si proponeva di opporsi alle letture moderne e critiche della Bibbia, adottando un’interpretazione letterale del testo sacro. Venivano delineati una serie di punti della fede irrinunciabili, definiti fundamentals, e pubblicati anche una serie di saggi intitolati appunto
Te Fundamentals: a testimony to truth (Chicago, Testimony Publishing Company,
1910-1915). È bene chiarire subito che nell’islam il fondamentalismo non è affatto tradizionale né
connaturato alla struttura profonda di questa cultura ma è invece un prodotto della
modernità e dell’impatto traumatico con la cultura occidentale.
Il termine arabo per defnire il fenomeno è usuliyyah, derivato da usul ossia “radici”,
“origini”, “basi” (singolare asl): il concetto racchiuso nel termine è dunque quello del
ritorno alle origini, appunto ai “fondamenti”.
Il modello di società dei fondamentalisti musulmani è la prima comunità islamica,
guidata personalmente dal profeta Muhammad (Maometto) nelle città di Mecca e Medina tra il 610 e il 632 E.V. In questo senso vari studiosi parlano di “utopia retrospettiva”: ossia, l’inizio dell’islam sarebbe stato il punto più altro toccato dall’umanità, la storia successiva un lento e inesorabile
degrado. In realtà dopo la morte di Maometto ha luogo la fulminea espansione
territoriale del mondo musulmano, con il
sorgere e fiorire di dinastie sotto le quali la
cultura arabo-musulmana (divenuta multietnica e multireligiosa) raggiunge la sua
epoca d’oro. In questo periodo di tempo il
mondo musulmano coltiva le scienze, le
arti, la letteratura e la tolleranza religiosa. Vengono redatti autorevoli commenti
al Corano che ne smussano gli aspetti più
severi o arcaici (ad esempio limitando in
ogni modo l’applicazione delle pene corporali coraniche); fiorisce la speculazione
mistica dei suf, con i suoi rituali estatici e il culto di “santi”, che impregnano la
religiosità popolare; si svolgono dispute
religiose in cui gli appartenenti alle diverse confessioni possono esprimersi liberamente e pensatori come Abu ‘l-‘Ala
al-Ma‘arri (Siria, 973-1058) possono permettersi affermazioni come “gli uomini si
dividono tra chi ha un cervello e chi ha
una religione”. Tutto ciò verrà spazzato via
dalle invasioni mongole del sec. XIII, ma
il mondo islamico proseguirà la sua vita
tra alterne vicende fino a entrare in una fase in cui, nel sec. XIX, diverrà succube
della (e colonizzato dalla) civiltà europea,
tecnologicamente più avanzata e a cui risultava impossibile opporsi. Tuttavia poco
prima dell’impatto con l’Europa, a metà
sec. XVIII, nelle remote regioni interne
della Penisola araba era nato il movimento politico religioso detto wahabismo;
propugnava una lettura intransigente e
intollerante delle fonti islamiche e un ritorno a una “purezza originaria” (che tra
l’altro permetteva di considerare tutti gli
altri musulmani come “infedeli”, dunque
legittimi obiettivi di guerre e razzie). Il
movimento wahabita strinse all’epoca
un’alleanza con i capi tribali della famiglia
Al Saud, alleanza politico-religiosa che
continua ancora oggi. Il wahabismo è ancora infatti la confessione di stato in Arabia Saudita, che si impegna attivamente
per propagarlo. Nonostante la propaganda wahabita finanziata dai proventi del
petrolio stia contribuendo a radicalizzare
vaste aree del mondo islamico, l’Occidente “chiude un occhio” e preferisce ignorare
la cosa, dal momento che l’Arabia Saudita
è saldamente alleata agli USA.
Nel sec. XIX, in seguito all’impatto con la
cultura europea, vari pensatori del mondo
musulmano, sia laici che religiosi, si rendevano conto della necessità di un “risveglio” (in arabo nahda). Nacquero nelle città del mondo arabo circoli letterari, partiti
politici, giornali e nuovi approcci sociali
e filosofici di diversificata e sorprendente
creatività. In questo contesto si inserisce
anche l’operato di alcuni pensatori religiosi, in particolare della triade costituita
da Jamal ad-Din al-Afghani (1838-1897), Muhammad ‘Abduh (1849-1905) e Rashid
Ridà (1865-1935). Questi tre eruditi sono
considerati i “padri nobili” del movimento salafita (da salaf, “predecessori”, ossia la
comunità islamica primigenia dei tempi
di Maometto). Secondo loro, l’islam, non
una semplice religione ma un sistema globale di vita, aveva in sé tutti gli strumenti
per modernizzare il mondo musulmano
e permettergli di stare alla pari dell’Occidente senza con ciò perdere la propria
anima. Per fare ciò era però necessario
liberarlo da tutte le “incrostazioni” accumulatesi nei secoli e ritornare alle origini
o, potremmo dire, ai fondamenti, alle radici: vale a dire in primo luogo il Corano.
Afghani, ‘Abduh e Ridà intendevano questo approccio nel senso di ripartire dalle
fonti primarie per sviluppare nuove interpretazioni, allo stesso tempo puramente
islamiche e adatte al mondo moderno.
Alcuni dei loro successori interpretarono
però i loro insegnamenti nel senso di un
ritorno a una lettura letterale dei testi sacri, le cui ingiunzioni dovevano diventare
nuovamente la legge vigente all’interno
della società. Di questa corrente fanno
parte i salafiti moderni, che nonostante il
nome poco hanno a che vedere con l’atteggiamento aperto di Afghani, ‘Abduh e
Ridà e piuttosto sono ansiosi di riportare indietro di quattordici secoli l’orologio
della Storia.
È poi impossibile non menzionare il movimento dei Fratelli Musulmani, fondato nel 1928 in Egitto dal maestro di scuola Hasan al-Banna e oggi divenuto una fiorente organizzazione internazionale. Al-Banna fondò un movimento che puntava a “islamizzare la società dal basso”: semplificando molto, si tratta di un vero e proprio movimento di massa moderno (assimilabile ad esempio ai fascismi e al bolscevismo, ai quali al-Banna si ispirava a livello pratico e organizzativo) ma su base islamica. Lo slogan dei Fratelli “l’islam è la soluzione” rende bene il concetto di una vera e propria ideologia, che come le sue “cugine” europee pretende di offrire una visione del mondo globale, che fornisce le risposte a tutte le domande e le soluzioni a tutti i problemi.
I Fratelli, che potevano contare su una efficace rete di aderenti, ebbero una parte importante nell’appoggiare il colpo di stato del 1952, con il quale in Egitto fu rovesciato il regime monarchico e instaurata la repubblica. In breve tempo il nuovo presidente Nasser assunse il potere assoluto e instaurò un regime laico e nazionalista. Nel 1954, con il pretesto di un fallito attentato a Nasser, il governo attua una feroce repressione dei Fratelli Musulmani: buona parte del loro gruppo dirigente viene rinchiuso per anni in carcere, dove subisce torture di ogni genere.
Tra costoro si trovava un giornalista e critico letterario di nome Sayyid Qutb. Una persona di viva intelligenza, che in gioventù era stato un laico convinto e in seguito (complice anche un lungo soggiorno negli USA, dal quale era tornato disgustato dal materialismo e l’immoralità prevalenti) aveva vissuto un “risveglio” religioso. In seguito aveva aderito ai Fratelli Musulmani, nei quali si era fatto rapidamente strada. Qutb passò dieci anni in carcere e in questo periodo scrisse due opere ancor oggi fondamentali per la galassia dell’islam radicale: il commento al Corano Fi Zilal al-Qur’an (“All’ombra del Corano”) e Ma‘alim fi ‘t-Tariq (“Pietre miliari sulla via”), in cui espone la propria visione del mondo.
È poi impossibile non menzionare il movimento dei Fratelli Musulmani, fondato nel 1928 in Egitto dal maestro di scuola Hasan al-Banna e oggi divenuto una fiorente organizzazione internazionale. Al-Banna fondò un movimento che puntava a “islamizzare la società dal basso”: semplificando molto, si tratta di un vero e proprio movimento di massa moderno (assimilabile ad esempio ai fascismi e al bolscevismo, ai quali al-Banna si ispirava a livello pratico e organizzativo) ma su base islamica. Lo slogan dei Fratelli “l’islam è la soluzione” rende bene il concetto di una vera e propria ideologia, che come le sue “cugine” europee pretende di offrire una visione del mondo globale, che fornisce le risposte a tutte le domande e le soluzioni a tutti i problemi.
I Fratelli, che potevano contare su una efficace rete di aderenti, ebbero una parte importante nell’appoggiare il colpo di stato del 1952, con il quale in Egitto fu rovesciato il regime monarchico e instaurata la repubblica. In breve tempo il nuovo presidente Nasser assunse il potere assoluto e instaurò un regime laico e nazionalista. Nel 1954, con il pretesto di un fallito attentato a Nasser, il governo attua una feroce repressione dei Fratelli Musulmani: buona parte del loro gruppo dirigente viene rinchiuso per anni in carcere, dove subisce torture di ogni genere.
Tra costoro si trovava un giornalista e critico letterario di nome Sayyid Qutb. Una persona di viva intelligenza, che in gioventù era stato un laico convinto e in seguito (complice anche un lungo soggiorno negli USA, dal quale era tornato disgustato dal materialismo e l’immoralità prevalenti) aveva vissuto un “risveglio” religioso. In seguito aveva aderito ai Fratelli Musulmani, nei quali si era fatto rapidamente strada. Qutb passò dieci anni in carcere e in questo periodo scrisse due opere ancor oggi fondamentali per la galassia dell’islam radicale: il commento al Corano Fi Zilal al-Qur’an (“All’ombra del Corano”) e Ma‘alim fi ‘t-Tariq (“Pietre miliari sulla via”), in cui espone la propria visione del mondo.
Nell’islam il fondamentalismo
non è afatto tradizionale né
connaturato alla struttura
profonda di questa cultura
ma è invece un prodotto della
modernità e dell’impatto
traumatico con la cultura
occidentale.
Secondo Qutb tutte le religioni e le ideologie laiche hanno fallito e mostrato la loro
inadeguatezza, a eccezione dell’islam: il
mondo è oggi sprofondato nella Jahiliyya,
lett. “ignoranza”: il termine è normalmente usato per designare l’epoca preislamica
della storia araba, ma per Qutb si tratta
non di un periodo storico ma di una condizione, oggi prevalente ovunque. Spetta
all’islam (o meglio, a ciò che questo modo
di pensare considera il “vero islam”…ossia
il proprio!) il diritto/dovere di “riportare il
mondo sulla retta via”, e dal momento che
i sistemi di potere attualmente dominanti
non sono disposti a farsi da parte è necessario utilizzare la violenza per ristabilire
il “giusto” corso delle cose: una situazione
in cui l’islam sia “libero di proclamare il
proprio messaggio”, ossia in posizione di
dominio incontrastato. A questo scopo
è necessario per prima cosa combattere
i regimi “atei” che soggiogano il mondo
arabo, e in seguito, ristabilito un governo
islamico, rivolgersi contro i nemici esterni. Qutb, tra l’altro, è uno dei primi a teorizzare che gli ebrei siano da sempre e per
sempre nemici naturali dei musulmani;
tema che per gli islamisti successivi diventerà un accanimento sconfinante nella
vera e propria ossessione. Tra gli allievi di
Sayyid Qutb e di suo fratello Muhammad
(che dopo l’esecuzione di Sayyid nel 1966 a opera del regime di Nasser otterrà una
cattedra universitaria in Arabia Saudita)
ci sarà tra gli altri Ayman al-Zawahiri,
uno dei futuri fondatori di al-Qa‘ida.
Il filo che porta ai movimenti islamici
radicali odierni passa per l’Afghanistan;
nel ‘79 i sovietici invasero il paese e ben
presto, con la benedizione e il sostegno
materiale degli USA, giovani musulmani radicali provenienti da tutto il mondo
islamico presero a affluire in Afghanistan
per combattere gli invasori “senzadio”.
L’Afghanistan divenne presto un vero e
proprio laboratorio del jihadismo: il più
famoso dei combattenti che ne fecero la
propria base era Osama bin Laden.
Non è negli scopi e nelle possibilità di questo articolo fornire una storia precisa e approfondita di quello che oggi chiamiamo “fondamentalismo islamico”. Piuttosto era nostra intenzione mostrare come non si tratti di un fenomeno uniforme e monolitico, ma piuttosto di una serie di correnti che, come fiumi sotterranei, a volte emergono in superficie; ora unendosi, ora separate e ora addirittura combattendosi tra loro. Questo per ribadire che una conoscenza superficiale di questi movimenti, quale quella che la maggioranza dei mezzi di comunicazione veicola, rende estremamente difficile comprenderli e dunque combatterli in maniera efficace.
Non è negli scopi e nelle possibilità di questo articolo fornire una storia precisa e approfondita di quello che oggi chiamiamo “fondamentalismo islamico”. Piuttosto era nostra intenzione mostrare come non si tratti di un fenomeno uniforme e monolitico, ma piuttosto di una serie di correnti che, come fiumi sotterranei, a volte emergono in superficie; ora unendosi, ora separate e ora addirittura combattendosi tra loro. Questo per ribadire che una conoscenza superficiale di questi movimenti, quale quella che la maggioranza dei mezzi di comunicazione veicola, rende estremamente difficile comprenderli e dunque combatterli in maniera efficace.