Fondamentalismo e le donne in Iran

di Hana Namdari Giornalista Iraniana - Corrispondente dell’Indipendent Persian

Nata a Tehran nel 1980, di origine curda. Ha studiato all’università di Teheran, ha lavorato in Iran nel cinema e nel teatro come attrice, conduttrice e regista. Nel 2010 ha lasciato il suo paese per continuare gli studi in Italia, dove si è laureata in arti e scienze dello spettacolo. Attualmente lavora come attivista e giornalista freelance.
Per spiegare meglio l’impatto che il fondamentalismo ha avuto sulla condizione delle donne in Iran bisogna approfondire la storia di questo paese e capire quali siano stati i momenti storici che hanno avuto un ruolo devastante e comprendere i motivi che hanno portato alle condizioni in cui si trovano oggi. Per farlo vi porto in un viaggio nell’antichità, torniamo indietro di quasi 2.500 anni, quando l’impero persiano divenne il più potente stato del mondo antico, dominando già nel V sec. a.C. su un vasto territorio che si estendeva dal mar Ionio in Grecia, fno alla lontana India e riunendo sotto di sé i maggiori stati dell’epoca (La Media, la Lidia di Re Creso e il millenario regno dei Faraoni).

Lo zoroastrismo, una religione monoteista, è stato per molti secoli dominante in quasi tutta l’Asia centrale, dal Pakistan all’Arabia Saudita, fino alla nascita e alla diffusione della religione islamica nel VII secolo a. C.. Uno dei principi dello zoroastrismo moderno è stato la parità sessuale. L’apice della visione delle donne di Zarathustra può essere compreso appieno nel modo in cui trattò sua fglia Puruchista quando decise di sposare Jamasep. Zarathustra chiese a sua fglia di ponderare la decisione solo dopo una buona e profonda riflessione. Nel suo libro, Zarathustra dice alle fanciulle che vogliono sposarsi: “ciascuna di loro dovrebbe decidere per la salvezza secondo la propria saggezza”. Nell’antico Iran, infatti, le donne avevano una posizione molto elevata. Gli iraniani, non consideravano la donna una vergogna, ma anzi era contemplata come essere santo e puro, necessario per la vita. Uno dei segni della grandezza di Ciro il Grande, il primo re dell’antica Persia, fu la creazione nel 539 a.C. della prima Carta dei Diritti Umani, oggi conservata al British Museum, un documento che sanciva la giustizia di genere e l’uguaglianza delle razze, e dove ogni individuo aveva il diritto di scegliere la propria religione. Durante il periodo achemenide (dal 550 al 330 a.C.), le donne iraniane erano impegnate nel lavoro e in tutte le questioni come gli uomini. Ciò è dimostrato dalla scoperta di iscrizioni su pietra argillosa a Persepoli. È interessante sapere che le donne avevano un congedo retribuito durante la gravidanza e anche per la maternità. Dalle iscrizioni su pietra apprendiamo che esistevano donne ai vertici di grandi proprietà agricole e officine e che potevano apprendere tecniche militari e persino comandare truppe. Quando la Persia venne conquistata dagli arabi decadde dal suo ruolo di grande impero zoroastriano, divenendo un paese arretrato, provincia del califfato islamico. Gli arabi hanno cercato in tutti i modi di cancellare tutto quello che era rimasto dalla civiltà persiana e persino la lingua, uccidendo chiunque non si fosse convertito all’Islam e chiunque avesse voluto parlare o scrivere in persiano. Tuttavia, il livello scientifico e amministrativo persiano era talmente più elevato di quello arabo-islamico che i persiani, pur divenendo musulmani, diedero un contributo fondamentale allo sviluppo della cultura islamica. Ciò che spesso viene descritta come cultura araba post-Maometto in realtà lo si deve molto alla Persia.
Come vivevano le donne arabe prima dell’arrivo d’Islam? Nel VII secolo la posizione della donna all’interno di una struttura sociale tribale e patriarcale era considerata inferiore. Ci troviamo nel mondo arabo pre-islamico e, in assenza di norme o leggi che le tutelassero, donne e ragazze erano ampiamente discriminate. L’infanticidio, come il seppellimento di ragazze completamente vive, era comune. È certo che l’Islam apportò dei miglioramenti allo status giuridico delle donne rispetto all’epoca pre-islamica, tra tutti forse il pezzo più importante dell’ingiunzione coranica è il divieto dell’infanticidio femminile e quindi il diritto alla vita per le bambine. Citando la Sharjah, i legislatori di alcuni paesi a maggioranza musulmana hanno via via punito il sesso al di fuori del matrimonio con la lapidazione. Le donne sono state anche costrette a restare in matrimoni violenti e fustigate per aver sfidato la Sharjah perché indossavano pantaloni. Tornando in Persia, dopo l’arrivo degli Arabi e dell’Islam, per più di 1.300 anni le donne iraniane sono state letteralmente cancellate dalla storia del loro paese. La Sharjah è diventata la base di tutte le leggi, sfavorendo i diritti delle donne in ambito matrimoniale, nel divorzio, nella custodia dei figli e per questioni legate all’eredità, e introducendo l’obbligo dell’hijab: limitando la libertà delle donne nell’abbigliamento e quindi anche nella loro partecipazione alla vita pubblica e lavorativa, e l’accesso all’istruzione. Taj al-Sultaneh, la figlia di Naser al-Din Shah Qajar(1905-1925), descrive così la situazione delle donne in quel periodo nelle sue memorie: “Ahimè, le donne iraniane sono separate dagli esseri umani e sono tra le bestie, e vivono in una prigione senza speranza dalla mattina alla sera. E passano la vita sotto forti pressioni e sfortunate disgrazie…

La vita delle donne iraniane è fatta di due cose: quando escono e vanno in giro: le mostruose statue nere del lutto, e quando muoiono: sudari bianchi.” Quali sono state le reazioni da parte delle donne iraniane di fronte a tutto questo? Vestite di tende nere e con i veli che coprivano i volti, uscirono allo scoperto e alzarono per la prima volta la loro voce nel 1891, nel cosiddetto “movimento del tabacco” e poi ancora durante la rivoluzione
costituzionale. Ma bisognerà attendere la dinastia Pahlavi (anni ’20), affinché le donne iraniane ottengano dei veri e importanti risultati, come i diritti civili e di cittadinanza, tutti conseguiti durante i progetti di modernizzazione dell’Iran, e la possibilità di entrare nelle arene sociali. Un’altra questione importante fu rendere l’istruzione obbligatoria sia per i ragazzi che per le ragazze e aumentare la classe alfabetizzata. Le donne che intraprendevano professioni come l’insegnamento, la medicina, dovevano abbandonare l’hijab e le pratiche tradizionali come non parlare ai non mahram (qualsiasi maschio che non faceva parte della loro famiglia). L’8 gennaio 1936, con la presenza di Reza Shah, di sua moglie e delle figlie che non indossavano il tradizionale hijab islamico alla cerimonia di diploma dell’Accademia preparatoria femminile, la legge della scoperta dell’hijab in Iran divenne un momento pubblico e ufficiale. È stato anche registrato nella storia dei Pahlavi come il “Giorno della liberazione delle donne”. Tuttavia, esisteva un altro punto di vista quello dei capi religiosi che considerava questa azione di Reza Shah un’opposizione all’Islam.

Quando Mohammad Reza Pahlavi (figlio di Reza Shah) salì al potere l’hijab divenne facoltativo. E per la prima volta le donne hanno potuto recarsi alle urne e partecipare al referendum della Rivoluzione Bianca, che ha creato una nuova condizione per le donne nella storia contemporanea dell’Iran.

Poco prima della rivoluzione del 1979, c’erano 1.500 donne in posizioni dirigenziali di alto livello a livello nazionale, 22 donne nel Consiglio Nazionale, 5 sindache e il 33% di tutti i posti di lavoro nell’istruzione superiore in Iran erano ricoperti da donne. Ecco una sintesi della condizione delle donne in Iran dagli anni 40 fino la rivoluzione del 1979: leggi sulla famiglia e sui diritti delle donne, suffragio universale, accesso a cariche pubbliche e dirigenziali.
Le donne in Italia hanno votato per la prima volta nel 1946 e in Iran solo dopo 17 anni, nel 1963. Ci sembra incredibile solo pensarlo oggi. Questo dimostra quanto siano stati grandi i passi per riottenere dei semplici diritti che le donne in realtà avevano già 1.300 anni prima! Ma quello che è successo nel 1979 ha cancellato tutto, cambiando la storia dell’Iran. Nel ‘79 i gruppi fondamentalisti religiosi assieme ai gruppi rivoluzionari riuscirono a prendere il controllo nel paese, dando vita alla Repubblica Islamica, guidata da Khomeini, che ha impresso cambiamenti devastanti, soprattutto per le donne, che hanno riflesso l’interpretazione fondamentalista dell’Islam promossa dal regime. Questi cambiamenti includono l’adozione della legge islamica, la Sharjah, come base del sistema giuridico del paese, e la creazione di istituzioni governative e organizzazioni sociali che promuovono una visione conservatrice e religiosa della società. L’Iran ha visto la proliferazione di organizzazioni religiose e paramilitari, come i Pasdaran (Guardie della Rivoluzione Islamica) e i Basij, che hanno un ruolo significativo nella politica, nell’economia e nella sicurezza del paese, e spesso promuovono un’interpretazione rigida e conservatrice dell’Islam.

Nonostante ciò, ancora oggi ci sono forze liberali e progressiste all’interno del paese che cercano riforme sociali e politiche. Proprio le donne hanno organizzato la primissima protesta dopo la rivoluzione islamica, riunendosi a Tehran l’8 marzo 1979, il giorno in cui Khomeini aveva richiesto l’uso del velo. Gli anni ‘80 sono stati segnati dalle pressioni ideologiche correlate alla guerra in Iraq che hanno permesso allo stato islamico di radicare un governo basato sul fondamentalismo. Appena dopo la morte di Khomeini in un’era che potremmo definire ‘riformista’, le donne hanno continuato a portare avanti le loro battaglie, andando incontro a repressioni, arresti ed esecuzioni. In questi ultimi due anni, le donne iraniane dopo la morte di Mahsa Amini da parte della polizia morale, hanno dimostrato un grandissimo coraggio per combattere un governo che ha portato via loro tutti i diritti. Ora è difficile predire il futuro delle donne iraniane e il destino di questo paese, dove lo stato islamico è ancora resistente, ma quello che è certo che il popolo iraniano, specialmente le donne non intendono più accettare le leggi e le norme della Repubblica islamica.
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