INTERZONA

Un’antropología della violenza in Sud America alla frontiera con gli Stati Uniti

GIANCARLO CERAUDO

Giancarlo Ceraudo è un fotografo italiano, nato a Roma nel 1969. Ha lavorato per D, La Repubblica, El País, Internazionale, L’Espresso. Dal 2001 si occupa di America Latina. Ha pubblicato: Frontiera Sud (Fandango 2004) eMade in Italy (Trolley 2006). Il suo ultimo lavoro è Destino final, sulla dittatura argentina. In questo progetto, insieme alla giornalista argentina Miriam Lewin e con l’ex pilota e produttore cinematografico Enrique Pineyro, è riuscito a scoprire le rotte e a fotografare gli aerei usati dalla marina militare argentina durante la dittatura per i voli della morte.
Vive tra Roma e Buenos Aires.

INTERZONA diventa il progetto pilota di per la costruzione della Piattaforma Globale dei Diritti Umani e della Comunicazione di RUT per accendere un fascio di luce, di scienza, conoscenza e coscienza sull’ombra delle ingiustizie, delle disuguaglianze nel mondo e per la preservazione degli ecosistemi, dove la comunicazione diventa lo strumento principe per produrre ricerca e cultura con la finalità di informare denunciare ed infine riflettere.

Un progetto internazionale di studio e ricerca fotografica con l'obiettivo di Interpretare, narrare e mettere in luce per la prima volta un macro contesto marginale: l’INTERZONA, un vasto territorio all’interno della regione latino-americana caratterizzato e accomunato da un estrema violenza e da una profonda iniquità sociale. L’INTERZONA parte dal Sud America, passando per Panama, Guatemala, Nicaragua, El Salvador, Honduras, Colombia e finisce in Messico al confine con gli USA. Una ricerca antropologica militante che ha il suo focus quindi nello studio della violenza. 

Attraverso il lavoro di ricerca sul campo, emergerà una narrazione delle cause della violenza e delle diverse facce che questa assume: omicidi, mutilazioni, sparizioni, violenza di genere, sfollamenti, migrazione forzata, sfruttamento ambientale. Da intendersi come uno spazio sociale e geografico dove culture diverse si misurano e si incontrano frequentemente in relazioni asimmetriche di dominio e subordinazione, esiste un territorio nella regione latino-americana dove forme di vita tradizionali e “cosmovisioni” contadine, africane e indigene, lottano contro aree di sviluppo economico soggette agli interessi dell’espansione dell’industria agricola, del settore estrattivo e del traffico di droga. 

È una zona dove la ragione strumentale occidentale e moderna si intreccia con altre forme di conoscenza e credenze; una “INTERZONA” tra diversi mondi socio-culturali precedentemente separati, come quello precolombiano con il coloniale, il latino, il sassone; uno spazio segnato dalla dominazione coloniale europea e da quella neocoloniale contemporanea.

Il risultato della combinazione di questi fattori ha generato un’area geografica, culturale e politico-economica che si estende dalla Colombia al Messico e agli Stati Uniti, passando per Panama, Costa Rica, Nicaragua, El Salvador, Honduras e Guatemala dove si prefigura una vera e propria geografia del terrore. Nell’INTERZONA vige uno stato di eccezione permanente dove i diritti civili e umani vengono sospesi. Il governo è qui associato al controllo violento del territorio, dei corpi e delle risorse naturali. È in questo spazio territoriale - dove la sovranità è contesa tra lo Stato, le guerriglie, i narcos e le imprese transnazionali - che si registra il maggior tasso di omicidi intenzionali al mondo e il maggior numero di sfollati della regione. 

Solo nel 2021 in Messico si sono registrati oltre 33 mila omicidi, mentre in Colombia sono state 13.000 le persone assassinate, e in paesi come El Salvador e Honduras il tasso di omicidi è addirittura superiore. Ma in ogni caso questi indici non rispecchiano completamente né la realtà della violenza vissuta né la quantità reale delle morti indotte. Quest’ultima cifra nell’INTERZONA è in verità incalcolabile in quanto molti degli omicidi commessi culminano nella sparizione delle persone e dei corpi. Questi ultimi possono riapparire alla fine ma solo come “NN”. Sempre in Messico, secondo quanto ha ammesso lo stesso presidente Andrés Manuel Lopez Obrador, ci sono 52.000 corpi non identificati negli obitori di tutto il paese, mentre è di 95.000 il numero delle denunce di persone scomparse. In Colombia il numero delle persone scomparse prodotte dal conflitto armato è stimato tra i 95 e i 120 mila desaparecidos, mentre i cadaveri non identificati superano i 25 mila.

Le vittime di questa violenza implacabile che attraversa l’INTERZONA sono le fasce più deboli della società. Non ci sono diritti da rivendicare per i bambini, le donne e gli indigeni che vivono nell’INTERZONA. Secondo dati dell’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR) il 66 per cento dei 71.500 sfollati in El Salvador sono bambini. Allo stesso modo è composto da bambini il 57 per cento dei 247.000 sfollati in Honduras. D’altra parte, secondo un recente rapporto della ONG Actionaid, 1.493.270 donne sfollate in Colombia hanno fatto richiesta di aiuto urgente per violenze di genere. In tutta quest'area le popolazioni indigene soffrono la violenza degli sfollamenti come conseguenza delle guerre tra bande criminali, ma anche dell’appropriazione delle loro terre e delle loro risorse. I leader sociali indigeni che alzano la voce per reclamare diritti per i loro popoli sono massacrati inesorabilmente da sicari così in Colombia come in Honduras ed El Salvador.

I capitoli della
ricerca fotografica

DESAPARICION

“Desaparicion” e vita politica dei corpi defunti (nei fiumi, nelle fosse comuni e negli obitori). Corpi assenti e corpi che appaiono. “Desaparicion forzada” e “Desaparicion social”.

LA MIGRAZIONE

Frontiere porose e permeabili che si aprono e chiudono, uniscono e separano dal Tapon del Darien fino alla frontiera tra Messico e Stati Uniti

ZONE LIBERATE

La sospensione delle leggi dal Messico alla Colombia - passando per Panama, Honduras, Guatemala, Nicaragua, El Salvador - è un modello di comportamento statale. Produce nuovi equilibri di potere, sfollamenti, massacri e appropriazione di terre (geografia del terrore, necropaesaggi, rovine, architettura narco)

I CORPI DELLA VIOLENZA

I segni della violenza sono visibili sulla superficie della pelle e nella struttura corporea: amputazioni, cicatrici, e tatuaggi che ricordano la guerra. Corpi modellati dai codici estetici della cultura “Narco”, come

Se donne, bambini e indigeni costituiscono le fasce più deboli della società, lo sono ancor più nella condizione di migranti. Nonostante l’indubbio rischio che rappresenta attraversare questa regione, milioni di persone affrontano ogni anno un pericoloso viaggio per raggiungere la frontiera con gli Stati Uniti. Secondo quanto denuncia l’UNHCR la quantità di spostamenti tra la Colombia e il Messico registrata nel 2021 non ha precedenti. Quasi un milione di persone nella regione ha abbandonato il proprio luogo di origine a causa della violenza, delle minacce, delle estorsioni, dell’arruolamento nei gruppi criminali, della prostituzione, della mancanza di prospettive, delle conseguenze della pandemia e del cambiamento climatico. L'attuale amministrazione Usa ha mantenuto le restrizioni agli ingressi e ha espulso nell’ultimo anno centinaia di migliaia di persone in Messico e in altri paesi di origine.

A causa della ricchezza e varietà delle sue risorse naturali, della sua collocazione strategica tra il sud e il nord e la prossimità fisica degli oceani Atlantico e Pacifico, l’INTERZONA è un territorio al centro di molteplici interessi in costante conflitto tra loro. Geograficamente l’INTERZONA è paragonabile a un doppio imbuto che unisce le due parti del continente americano ma che allo stesso tempo li separa a causa di due dighe di contenimento. Una di queste è una diga naturale, il cosiddetto "Tapon del Darién”, il lembo di terra che contiene il poroso confine tra il nord della Colombia e il Sud di Panama. Centocinquanta chilometri di impenetrabile foresta tropicale sotto il controllo di bande di trafficanti che regolano il traffico di persone e merci. La seconda diga è il muro costruito alla frontiera tra Messico e Stati Uniti che, per quanto insormontabile possa essere, non scoraggia centinaia di migliaia di migranti in fuga dalla violenza e dalla povertà.

La lotta per la sovranità in questo territorio finisce per produrre “zone di esclusione” dalla legge e dai diritti dove si manifestano forme estreme di violenza la cui vittima principale è la popolazione. Il principale motore della guerra nella regione è il traffico di droga. Attorno al traffico di droga si sono riorganizzate non solo le antiche guerriglie di stampo marxista che operano in Colombia e in centroamerica, ma anche gli interessi della politica e dell’economia. La sospensione delle leggi attraverso il decreto di “stati di eccezione” o di “stati di assedio” a fronte dell’emergenza della guerra o dell’insicurezza è inoltre una forma di governo diffuso dal Messico alla Colomba. In questi spazi “liberati” dallo stato di diritto, le autorità costruiscono nuove relazioni di potere. Nell’INTERZONA le leggi ufficiali vengono applicate in modo selettivo e discrezionale, e la corruzione è all’ordine del giorno.

Una parte della storia dell’INTERZONA è legata a come hanno agito qui i diversi governi degli Stati Uniti fin dall’epoca della “dottrina Monroe” che proclamava “l’America agli americani”. Washington considera di fatto l’INTERZONA come un vero e proprio “cortile di casa”, una zona di azione e controllo diretti. Dalla fine del XIX secolo nell’area tra il Messico e la Colombia gli Usa hanno invaso paesi, abbattuto governi, impartito giustizia e imposto loro aziende. Le conseguenze di queste azioni ancora permangono in paesi come El Salvador, Nicaragua, Honduras e Panama. Washington ha qui interessi diretti legati a questioni geopolitiche, economiche, alla questione della migrazione, alla lotta al terrorismo e al traffico di droga. Nell’INTERZONA gli Usa hanno installato una dozzina di basi militari e la scuola di addestramento School of Americas dove sono state formate generazioni di golpisti e torturatori che hanno seminato il terrore nella regione.

L’INTERZONA si caratterizza anche per una serie di effetti generati da quella che in antropologia viene definita come “necropolitica”, la politica della morte, una forma di governo che si basa sul “far morire e lasciar vivere”.

In questo senso l’INTERZONA si prefigura come un luogo dove un potere esteso, non sempre esclusivamente di tipo statale, introduce “l’economia della morte” nelle sue relazioni di produzione e di potere. Qui la violenza come forma di controllo e di governo è tanto più efficace quanto più brutale. In questo senso la violenza si rivela anche come uno strumento di comunicazione. I corpi mutilati, squartati, appesi ed esposti hanno una valenza semantica; permettono di comunicare un messaggio di potere di fronte agli avversari.

Nell’INTERZONA esistono diverse forme di messa in scena della morte come esercizio di sovranità sullo spazio e sui corpi. Si tratta dell’esercizio del “necropotere” derivato dalla “necropolitica”. Un esempio sono le “casas de pique” (macine) di Buenaventura, nella regione di Valle del Cauca in Colombia. Qui le bande criminali che lottavano per il controllo del porto e del traffico di droga squartavano e buttavano in mare le vittime. Con questa pratica cercavano di incrementare il loro potere infondendo terrore e sottomissione. Si tratta di “usanze” che si ritrovano con diverse varianti e caratteristiche sia in Messico che in centroamerica, in El Salvador o Honduras.

Il “necroptere” implica la reificazione dell’essere umano. Nell’INTERZONA il corpo diviene una merce passibile di essere trasformata o scartata producendo l’annichilimento dell’integrità morale delle popolazioni. Le persone non si riconoscono più come esseri unici insostituibili, inimitabili e indivisibili, ma sono ridotte a un insieme di forze di produzione facilmente scartabile. Una conseguenza di questa distorsione è anche la trasformazione del corpo femminile secondo la volontà dei potenti. Si tratta di un fenomeno che in Messico viene denominato come delle “buchonas” (clessidre), e che si estende fino alla Colombia. Il corpo delle donne viene “plasmato” su misura della volontà dei suoi proprietari, e diventa pure scartabile. Una realtà questa che si riflette nel tasso di femminicidi in questa regione, particolarmente alto in paesi come Honduras (4,7 ogni 100 mila abitanti) ed El Salvador (2,1 ogni 100 mila abitanti).

Nei territori caratterizzati dal “necropotere” le persone convivono con la violenza quotidiana a partire da esperienze e cosmovisioni che sono state duramente colpite. I riti funerari sono stati cancellati a causa della pratica sistematica della sparizione; le organizzazioni sociali, cooperative e politiche sono state decimate; le feste popolari sospese o cooptate da narcotrafficanti e paramilitari che impongono concorsi pubblici di bellezza dove selezionano le giovani più belle. Le condizioni di estrema violenza e le relazioni asimmetriche di potere caratteristiche dell’INTERZONA hanno trasformato le relazioni interpersonali e impattato sui valori morali, la comunicazione sociale, la cultura e la produzione economica.

I segni di queste relazioni di potere basate sulla necropolitica si evidenziano anche nei territori, che sono stati trasformati in veri e propri “paesaggi della paura”. Costituiscono questi paesaggi le scuole, case e chiese crivellate di colpi; i cimiteri distrutti; le piantagioni incendiate. Una scenografia dell’abbandono, con interi paesi svuotati della loro popolazione costretta a fuggire dalla persecuzione, dai massacri o dagli omicidi selettivi. Dei paesaggi della paura fa parte anche la semantica del necropotere già descritta, come l’esibizione dei corpi umani smembrati e mutilati che ricordano ai sopravvissuti le violenze passate, presenti e possibili. Il concetto di mortalità è palpabile e fa parte della vita quotidiana per chi abita questa regione. La soglia tra la vita e la morte nell’INTERZONA è permeabile come le frontiere tra gli Stati che la compongono. Lo spazio politico tra una condizione e l’altra dell’esistenza qui non è garantito da nessuno Stato di diritto.

Di fronte alla pratica diffusa della scomparsa dei corpi delle persone uccise, dei cadaveri non identificati e all'impunità di questi reati, si sono formate e affermate diverse tradizioni locali che cercano di mediare con questa forma di esistenza precaria e con la mancanza di garanzie legali. Da qui il diffuso culto cattolico popolare delle “anime del purgatorio” in tutta l'America Latina, secondo il quale le anime di coloro che hanno subito una morte violenta o una “mala muerte" devono essere guidate da un "custode" (“animero”) e dai credenti che le scelgono per non perdersi. Ciò presuppone uno scambio di favori tra i vivi e le anime dei morti che sono considerate ancora attive.

In conclusione, INTERZONA mira a far luce su quella che parrebbe essere una “tempesta perfetta” di terrore e ingiustizia che ha avuto origine in un luogo specifico del pianeta a partire dalla presenza di determinate condizioni e asimmetrie. Di fronte all'assenza di legge, i gruppi di interesse nell'INTERZONA costruiscono il loro potere attraverso il primato della violenza e hanno bisogno di ricorrere alle peggiori pratiche per generare più potere. Omicidi, mutilazioni, stupri, sparizioni, sfollamenti, appropriazione di risorse configurano così un paesaggio da incubo in cui sono oggi immerse milioni di persone. Si tratta di una tragedia umana la cui portata deve ancora essere mostrata nella sua reale dimensione e complessità.