Sperare è prendersi cura dell’Amazzonia, polmone della terra ricca del sapere dei suoi popoli.
Introduzione di Giovanna Martelli
La riflessione di Fratel Silvio da Silva, mettendo in luce la centralità della cura della “casa comune” si colloca pienamente nello spirito della Laudato Sì. L’Amazzonia, descritta come polmone del mondo e custode di saperi ancestrali, è descritta come una metafora universale della resistenza contro il modello di sfruttamento neoliberale e tecnocratico. In questa prospettiva, la voce della Madre Terra e dei popoli indigeni assume un ruolo profetico, così come ascoltare il “grido della Terra e dei poveri” richiamato da Papa Francesco nella sua “Querida Amazonia”.
Sentirsi parte di un tutto. Questo lo spirito che guida Fondazione Rut nel pensare e realizzare ERRE e nel pensare e scrivere di ecologia integrale, di Amazzonia non possiamo non partire dal Libro di Rut, una narrazione semplice, ma carica di profondità simbolica. Rut, una donna straniera che sceglie di legarsi a un popolo e a una terra non sua, mostrando che la sorellanza e la solidarietà sono più forti delle barriere etniche e culturali. In questa storia emerge un intreccio profondo tra il legame tra donne e la fecondità della terra: i campi di Boaz e il lavoro di Rut diventano lo spazio concreto in cui si realizza la benedizione della vita nuova, la radice del Popolo d’Israele. La storia di Rut risuona in Amazzonia, dove il rapporto tra le comunità e ambiente non è utilitaristico, ma spirituale e comunitario. Così come Rut riconosce che la sua storia di vita passa attraverso la cura dei campi e la generosità della raccolta, anche i popoli amazzonici testimoniano che la terra non è merce, ma madre.
di Fratel Silvio da Silva – Congregazione Poveri Servi della Divina Provvidenza Opera Don Calabria

L’Amazzonia esuberante, maestosa, grandiosa e come tutti gli esseri viventi, destinata alla finitudine. Non è solo una foresta con tutta l’imponenza della sua fauna e flora, il polmone della Terra, custode del sapere di centinaia di popoli originari, che vivono della sua natura generosa, i suoi più fedeli guardiani. È “questa Amazzonia, che lotta per i diritti dei più poveri, dei popoli indigeni, degli ultimi, affinché la loro voce sia ascoltata e la loro dignità promossa” che deve essere ascoltata con udito speciale, per essere la garante della protezione della dignità umana.
Proteggere l’Amazzonia è “vivere in armonia con se stessi, con la natura, con gli esseri umani e con l’essere supremo, perché c’è un’intercomunicazione tra l’intero cosmo, dove non c’è esclusione o esclusione, e dove si può creare un progetto di vita piena per tutti “.
La Madre Terra ci offre tutto il necessario per vivere come creature appartenenti al “grande tutto” in piena dignità ed è urgente e necessario che “si identifichino le vere cause della depredazione e dell’aggressione agli esseri che abitano la natura con le loro relazioni di equilibrio”. Stiamo saccheggiando l’Amazzonia in modo abusivo e violento.
Ascoltare e leggere i segni del tempo
L’umanità oggi ha un debito ecologico” con l’Amazzonia: occupa il 40% del territorio del continente sudamericano, con circa il 20% d’acqua dolce del pianeta, il 20% della flora e della fauna del mondo, un’area di 6,92 milioni di chilometri quadrati dove vive una popolazione stimata di 33.600.000 abitanti, di cui tra i 2 e i 2,5 milioni sono indigeni. La sua conservazione è una condizione “sine qua non” per continuare a vivere e respirare più a lungo.
I Popoli dell’Amazzonia sono soliti ascoltare e leggere i segni dei tempi. Questo esercizio porta sempre alle risposte giuste, e con l’esperienza che fanno a contatto con la natura, con la quale vivono veramente integrati, trovano le giuste soluzioni alle loro difficoltà, quando impareremo da loro che la Terra non è qualcosa di staccato da noi, ci convertiremo e lotteremo come guardiani per preservare ciò che abbiamo, in modo che l’Amazzonia stessa possa riprendersi ciò che le è stato selvaggiamente sottratto in nome dell’avidità e del profitto.
Convertirsi ecologicamente è prendere coscienza che: “La Terra è un dono che Dio ci ha fatto e noi ne siamo gli ospiti. Il nostro ruolo è quello di renderla accogliente per tutti e di offrire le condizioni necessarie alla vita, comprese le piante, gli animali e tutti i suoi abitanti.
Profumi etinici, forze ancestrali
“L’Amazzonia è una terra di foreste e acque, di paludi e pianure alluvionali, savane e montagne, ma soprattutto una terra di innumerevoli popoli, molti dei quali millenaristi, abitanti ancestrali del territorio, popoli dai profumi antichi che continuano a profumare il continente contro ogni disperazione”. I popoli amazzonici sanno cosa significa “La speranza non delude”, la loro è una lotta secolare per preservare le loro origini e i loro antenati, per proteggere l’eredità che hanno ricevuto nella creazione della Madre Terra con tutto ciò che include.
Osservando il nostro modo di maltrattare il Pianeta, ci rendiamo conto che siamo di fronte a una realtà emblematica e caotica, che richiede posizioni radicali, secondo Leonardo Boff, “Di fronte agli attuali cambiamenti paradigmatici, il sistema si trova di fronte a questo dilemma: o rinnega se stesso e cambia la sua logica, mostrandosi solidale con il futuro dell’umanità, affondando il sistema capitalista, oppure si afferma nel suo obiettivo, ignorando ogni compassione e solidarietà: aumentando i profitti, ignorando i cimiteri di cadaveri e la Terra devastata.” Questo significa “mangiare il mondo” o “salvare il mondo”.
L’Amazzonia non è l’intero Pianeta, ma siamo consapevoli che un corpo non può vivere senza i suoi organi vitali. il Pianeta non può vivere senza i suoi polmoni.
La vita sempre al centro
La speranza che non delude implica una scelta fondamentale, la centralità della vita e il ben vivere per tutti non per pochi. Per questo una sola soluzione oggettiva: prenderci cura di questo immenso polmone, affinché la nostra generazione concluda bene i suoi giorni e le generazioni future possano vivere in un mondo migliore.
Non si tratta di ipocrisia o di spiritualismo a buon mercato: è piuttosto altruismo, rispetto e solidarietà con noi stessi e con le generazioni future.
Prendersi cura dell’Amazzonia può e deve essere la speranza che non delude, purché le persone di tutto il pianeta diventino consapevoli che per vivere bene dobbiamo prenderci cura di coloro che si prendono cura di noi, come ci disse Papa Francesco: “Come il battito cardiaco dei bambini, fin dal grembo materno, è in armonia con quello delle loro madri, così per crescere come esseri umani, dobbiamo adattare i ritmi della vita a quelli della creazione che ci dà la vita”.
Cambiare direzione
Nel cammino del Giubileo 2025, l’Amazzonia è il nostro canto di speranza, anche se interrotto ” da un grido amaro. O meglio, da un coro di grida amare. Per prima, è la sorella Madre Terra che grida. In balia dei nostri eccessi consumistici, essa geme e ci implora di fermare i nostri abusi e la sua distruzione. Poi, sono le diverse creature a gridare. Alla mercé di un «antropocentrismo dispotico» i poveri e i vulnerabili, vittime principali dall’abuso delle risorse di Madre Natura, per mano di chi con i loro atteggiamenti megalomani e possessivi, si rivestono del “complesso ‘Dio’ della modernità”, impadronendosi delle leggi, alterando i sistemii di giustizia con il fine dell’autoportezione, manipolando le religioni, la coscienza e la fede di molte persone : “un essere umano che intende prendere il posto di Dio diventa il peggior nemico di se stesso”.
Quando di fronte a tutto questo non ci sono reazioni contrarie, o peggio, subentra l’indifferenza, per paura o per autoindulgenza, la crisi ecologica e il cambiamento climatico diventano sempre più gravi, e si instaura una situazione di minaccia alla sopravvivenza di tutta l’umanità. O la direzione cambia, o tutti subiremo le terribili conseguenze della brutalità dell’agire umano contro l’Amazzonia.
Non c’è nessun altro pianeta terra, né conosciamo un’altra umanità
La scarsa attenzione alla nostra casa comune índice a che coloro che parlano della fine dell’Amazzonia siano allarmisti. La negazione dell’allarme consente agli aggressori del “polmone” del mondo di mantenersi in una folle zona di comfort, in un atteggiamento suicida: “Finché guadagniamo, non importa se poi periamo insieme”. L’antitesi dell’esortazione di Papa Francesco: “queste situazioni provocano i gemiti di Sorella Terra, che si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo, con un lamento che ci chiede un cammino diverso”.
Non esiste un altro Pianeta Terra, né conosciamo un’altra umanità, dobbiamo prenderci cura di ciò che resta di questo pianeta, diventando un’umanità che agisce con la consapevolezza che tutto, davvero tutto, è interconnesso.
Patto a favore dell’umanità, un’etica rigenerativi
I popoli della Terra hanno urgente bisogno di ripensare l’etica dell’umanità. Molto di ciò che è stato distrutto in Amazzonia non potrà più essere recuperato, è necessaria una forza di volontà collettiva. La COP 30 che si svolgerà a Belém nel cuore dell’Amazzonia, deve sancire s un patto a favore dell’umanità, stabilire un’etica rigenerativa, recuperare tutto ciò che è ancora possibile e offrire una grande via d’uscita alle prossime generazioni, per dare loro la certezza che: “aspetteranno sempre l’alternarsi delle stagioni con i loro frutti; osservare la vita degli animali e i cicli del loro sviluppo; avere gli occhi semplici di San Francesco, che nel suo Cantico delle Creature, scritto esattamente 800 anni fa, sentiva il creato come una grande famiglia, chiamando il sole fratello e la luna “sorella”.
La speranza non delude, quando i sogni si realizzano
La risposta del Giubileo della Speranza dall’Amazzonia avverrà quando tutti noi ci impegneremo a realizzare i quattro sogni che ci ha lasciato il nostro indimenticabile Papa Francesco: un’Amazzonia che lotta per i diritti dei più poveri, dei popoli indigeni, degli ultimi, affinché le loro voci siano ascoltate e la loro dignità promossa.
Un’Amazzonia che preserva la ricchezza culturale che la caratterizza e in cui la bellezza umana risplende in modi così vari.
Un’Amazzonia che custodisce gelosamente la seducente bellezza naturale che la adorna, la vita traboccante che riempie i suoi fiumi e le sue foreste.
Un’Amazzonia dove le comunità cristiane siano capaci di dedicarsi e incarnare a tal punto la loro appartenenza a questo piccolo paradiso da dare alla Chiesa nuovi volti con tratti amazzonici.
Non sono sogni separati, sono tutti lo stesso sogno, per salvare il diritto e la dignità della Terra, per restituirle la vocazione data dal Creatore, per proteggere e nutrire tutte le creature.
Questi sogni correggeranno tutte le ingiustizie e i crimini commessi “interessi colonizzatori che, legalmente e illegalmente, hanno incrementato e continuano ad incrementare – il disboscamento e l’industria mineraria, e hanno espulso e messo all’angolo popolazioni indigene, fluviali e afrodiscendenti, provocano un grido di protesta che grida al cielo: ‘Molti sono gli alberi dove un tempo viveva la tortura, e vaste sono le foreste comprate con mille morti’.” “I taglialegna hanno parlamentari, e la nostra Amazzonia non ha nessuno che la difenda (…) Esiliano i pappagalli e le scimmie (…) La raccolta delle castagne non sarà più la stessa.”
La speranza è resistere
In tutto c’è un segno di speranza: la resistenza di donne e uomini, che mettono a rischio la loro vita, in difesa della vita di Querida Amazonia. Questo desiderio di proteggere l’Amazzonia non è vano, è il risultato di una verità: la Natura e la Terra sono soggettività detentrici di diritti, ogni gesto e azione che pone risorse a difesa del mantenimento dell’integrità e della cura del Creato è profetico.
Non c’è modo di prendersi cura del Creato senza una spiritualità che ci aiuti a trascendere ciò che è meramente materiale per una visione più olistica. Il creato non custodisce le religioni, custodisce le persone piene di spirito che sanno contemplare la presenza del Creatore, compassionevole, benevolo e misericordioso, che fa sentire la sua consolazione quando l’umanità si sente impotente di fronte alla disumanizzazione.
I dolori, le sofferenze e i gemiti dell’Amazzonia, che si aggiungono alle grida di dolore e di disperazione degli nei paesi in guerra non ci lasceranno in pace, e non ci permetteranno di celebrare un Giubileo in pieno, finché non faremo eco al nostro grido: BASTA! Se iniziamo a preservare e a prenderci cura del Polmone della Terra, salveremo ciò che c’è ancora di più bello in questo corpo meraviglioso.
Conclusione
La Speranza che non delude è ancora il potere più grande che l’umanità possiede. Pertanto, non si può abbassare la guardia quando si tratta di preservare, prendersi cura e proteggere l’Amazzonia.
L’Amazzonia è una gigantesca fonte di apprendimento, da lei impariamo che la più grande sfida umana è respirare ed è il polmone che ci permette di respirare. Proteggerla significa garantire la protezione dell’umanità.
Come luogo di grande conoscenza, l’Amazzonia è uno spazio unico di antenati, un’esperienza singolare profondamente ontologica, che suggerisce altre possibili forme di relazione, con nuove prospettive socio-politiche e spirituali.
La speranza che non inganna deve d’ora in poi “amazzonizzarsi, cioè trasformarsi in resistenza, con i popoli e le popolazioni amazzoniche in lotta per difendere le proprie terre, mobilitando le proprie conoscenze, la propria saggezza e i propri stili di vita come strumenti per affrontare progetti predatori” che antepongono il profitto alla vita e al ben vivere.
“L’Amazzonia non è solo un’immensa foresta e un bacino fluviale, come si sottolinea comunemente, ma anche un patrimonio di conoscenze sviluppato con (e non contro) queste condizioni di vita e con cui dobbiamo dialogare”.
La speranza risiede principalmente nel rispetto e nell’accettazione di “culture portatrici di un messaggio non ancora ascoltato e che oggi sono minacciate più che mai”. “Dio si manifesta, riflette qualcosa della sua inesauribile bellezza attraverso un territorio e le sue caratteristiche, affinché i diversi gruppi, in una sintesi vitale con l’ambiente circostante, sviluppino una forma unica di saggezza”.

Se riusciamo ancora a sentire il grido dell’Amazzonia, significa che possiamo ancora fare qualcosa per salvarla e, con essa, salvare l’umanità, poiché le nostre vite dipendono in gran parte dall’esistenza e dalla resilienza di questa immensa natura.
Se crediamo davvero che la speranza non delude, diventiamo tutti amazzonizzati.